Una battaglia navale senza precedenti. Alla fine, il Comune di Cassino viene colpito e affondato. A nulla sono valse le scialuppe di salvataggio messe in mare da Carlo Maria D'Alessandro per difendere l'acquedotto di Cassino: il Consiglio di Stato ha messo la parola fine a un guerra che si trascinava da 13 anni, dove le carte bollate potrebbero riempire una stanza. Ora non esiste più alcun ostacolo all'ingresso in trionfo di Acea Ato 5 in municipio per avere le chiavi dell'acquedotto e gestire anche il centro urbano di Cassino, così come prevede la legge.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), ha dichiarato la nullità dell'ordinanza sindacale 10 settembre 2016 a firma di D'Alessandro che, di fatto, vietava agli uffici di cedere gli impianti e li invitava a continuare la gestione. Condanna il Comune di Cassino al pagamento delle spese di lite della fase del giudizio di ottemperanza in favore della ricorrente Acea-Ato 5, spese che liquida in 3000 euro. E dispone la trasmissione della sentenza e di tutti gli atti del giudizio di ottemperanza alla competente Procura della Repubblica e alla competente Procura della Corte dei Conti per i provvedimenti di competenza. Ordina, infine, che la sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così hanno deciso i magistrati a Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2017: la sentenza, però, è arrivata solo ieri.

Un po' di storia

Già altre sentenze avevano scritto questa pagina di storia ma il sindaco di Cassino continuava a difendere gli impianti, presentando continui ricorsi, basandosi sulla convinzione che Acea non avesse l'acqua da immettere negli impianti. E che quei 200 litri al secondo che Acqua Campania favorisce, a fronte di un ristoro, fossero "proprietà" del Comune stesso, cioè dei cittadini e che non potessero essere ceduti al pari degli impianti.

Su questa convinzione ha firmato l'ordinanza numero 226 del 10 settembre che «ordina al servizio manutenzione del comune di Cassino di proseguire temporaneamente, ed in via esclusiva, senza interferenze da parte di Acea Ato 5 Spa la gestione dell'acquedotto comunale al fine di garantire qualità e continuità della fornitura idrica alle utenze fino a quando Acea Ato 5 Spa - citava nell'ordinanza - non dimostri di avere la disponibilità di risorse idropotabili adeguate al soddisfacimento delle esigenze igienico-sanitarie della città di Cassino».

E non finisce qui. Sempre nell'apposita ordinanza D'Alessandro invita Acea a «provvedere e predisporre con assoluta urgenza gli atti indispensabili all'approvigionamento di risorse idropotabili continuative necessarie ad alimentare l'acquedotto comunale al fine di consentire a questo Comune di procedere al trasferimento effettivo del servizio in attuazione dei progressi giudicati in merito». Un atto amministrativo che, a fronte dei dispositivi dei giudici, Acea non poteva non contrastare con un nuovo ricorso al Consiglio di Stato. Esito quasi scontato. Lo sapeva anche il sindaco. I giudici hanno dichiarato la nullità dell'ordinanza sindacale e aperto le porte del gestore privato.