Bombe ecologiche dormienti sotto manti erbosi e campagne coltivate ed abitate. Gli esposti in procura, a Cassino, crescono a dismisura e raccontano di famiglie esasperate, di ambientalisti-Don Chisciotte che non si arrendono. E di un territorio a rischio. Quando a presentare l'ennesimo esposto, per una ipotesi di disastro ambientale, è l'associazione Caponnetto proprio nel giorno in cui il procuratore nazionale antimafia Roberti ha relazionato in Ateneo su ecomafie ed agromafie come "crimini d'impresa" i sospetti diventano pesanti come macigni. A spendersi per il nostro territorio, chiedendo alla magistratura di accertare fatti circostanziati, è stato il segretario dell'associazione nazionale per la lotta contro le illegalità e le mafie, Elvio Di Cesare.

Le richieste

Di Cesare ha chiesto, prima di ogni altra cosa, di capire cosa sia stato sepolto in località Nocione. Non solo: chiesta anche la verifica della «ubicazione interramenti rifiuti tossici ed eventualmente anche radioattivi lungo il tratto di territorio tra Presenzano, San Vittore e Cassino nelle discariche e nelle cave aperte abusivamente da soggetti collegati alla camorra operanti in sub appalto nei lavori di costruzione della terza corsia dell'Autostrada del Sole e della Tav; l'accertamento dell'identità e della posizione degli autotrasportatori indicati nei documenti desecretati che contengono le dichiarazioni di Carmine Schiavone riferite alle province di Latina e
Frosinone e, se utili, alle indagini delle altre province; l'acquisizione di tutte le interviste rilasciate proprio da Schiavone a giornali e televisioni e quella di tutti i documenti desecretati forniti all'epoca alle Autorità da Schiavone, compresi gli elenchi dei mezzi di trasporto con il numero di targa e relativo intestatario».

Una memoria corta

Sono ormai 16 anni di battaglie per capire cosa sia sepolto nei terreni del Cassinate: ogni volta che un investigatore sembra vicino alla verità l'inchiesta viene chiusa. E la prescrizione divora tutto. Compresa la memoria di chi sa e non parla. Nonostante che a parlarne sia stato proprio quel Carmine Schiavone che raccontò della Terra dei Fuochi per poi aggiungere, prima di morire, che "quello schifo" era sepolto nel Cassinate. Che parlò di fusti tossici interrati lungo l'A1 e la Tav e di una banca da aprire a Cassino per "ripulire" i proventi di quella attività.

«Le dichiarazioni di Schiavone confermano i tanti sospetti che già gravavano su tali opere in relazione anche allo smaltimento di rifiuti nocivi sulla direttrice nord-sud del Paese ad opera di camionisti prezzolati con ipotesi di interramenti non solo lungo il tratto autostradale ma anche nelle immediate adiacenze di questo, in fosse, cave, fornaci, discariche - scrive Di Cesare - Cave o scavi ubicati nei territori dei comuni di San Vittore del Lazio, Cervaro, San Pietro Infine, Cassino, fino a Presenzano, compresa la piana di Venafro per risalire l'autostrada fino a Colleferro. Analizzando i numeri delle targhe dei camion che, a detta di Schiavone, avrebbero trasportato i rifiuti tossici e nocivi sono i proprietari dei camion delle province di Latina e Frosinone, mai chiamati a chiarire la loro posizione per accertare chi li abbia arruolati, chi li pagava, se c'erano intermediari».