Ci può parlare delle sue frequentazioni con Federico Fellini? Come vi siete conosciuti?

Ho incontrato Federico Fellini circa quattro volte nella mia vita. Non sono molte, purtroppo, ma per me hanno significato molto, mi hanno permesso di frequentare un tale genio. Dobbiamo prima dire come ci siamo incontrati. Avevo visto, all'età di 22 anni Fellini Satyricon, un film che mi ha completamente cambiato. Non avevo mai visto un film di Fellini, nemmeno La Strada, ma gli ho scritto: Federico Fellini, Roma, Cinecittà,Italia. Contrariamente alle aspettative, mi fece rispondere. Questo episodio, anche se la risposta fu moderata per quanto riguardava le possibilità di incontrare il maestro, fece nascere il mio "delirio" cinematografico. Io segretamente sognavo di fare film e volevo diventare suo assistente. Purtroppo, questo non avvenne, anche se ho partecipato ad un paio di giorni di riprese di La Città delle Donne in seguito. Attraverso la mia insegnante di cinema, Henri Agel, ho incontrato Dominique Delouche che fu assistente di Fellini in film come La Dolce Vita. Grazie a lui, sono stato in grado di avere il suo numero di telefono e l'indirizzo di casa sua, in Via Margutta. Una grande storia di incontri e incomprensioni allora ebbe inizio, finché un giorno ho finalmente finito di scrivere la mia tesi di laurea su Fellini. Ho finito un paio di mesi prima che morisse. Mi ricorderò per tutta la vita della sua telefonata, era rimasto talmente colpito dal mio testo che mi invitò a Roma a casa sua. Quello fu un giorno indimenticabile nella mia vita ...

C'è un particolare aneddoto che ama ricordare?

Aneddoti ne ho un sacco soprattutto il momento in cui ho dovuto nascondermi dietro una palma durante le riprese di La città delle donne, mentre io avevo un desiderio di apparire sullo schermo. Mi ricordo di aver trascorso un'ora seduto accanto a Marcello Mastroianni sul set, senza avere il coraggio di dirgli qualcosa, se non chiedergli un autografo. Ma la storia più bella sono i nostri appuntamenti mancati spesso, quando andavo a Roma per incontrare Federico, come quella volta al telefono: lo chiamavo dalla stazione, ma lui rispondeva, imitando la voce della sua governante. Ho preso la rivincita nel 1992, quando gli feci visita una domenica pomeriggio.

Quale, tra i film del geniale regista, preferisce?

È  difficile dire quale sia il film di Fellini che preferisco perché li amo tutti in modo diverso. Avrei naturalmente la tentazione di rispondere Fellini Satyricon, perché è il film che mi ha permesso di conoscerlo meglio. Ma io ho un debole per La Strada anche e soprattutto Cabiria: tutti film con la loro bella e intensa malinconia. Ma quello che mi sembra il più completo, per cui ho anche curato il commento per la versione DVD del Gaumont è Otto e mezzo, questa psicoanalisi junghiana metafisica, è il suo capolavoro secondo me.

Lei  ha scritto sul grande regista in più di un'occasione ("Fellini, un rêve, une vie", "Fellinicittà"). Cosa ha rappresentato e cosa rappresenta ancora oggi per lei la poetica felliniana?

Non dimenticherei poi il libro che ho scritto insieme a Zoe Valdés e Dominique Delouche su Giulietta Masina che è davvero la sua musa. Si emana da questa attrice una grande poesia malinconica, come con Marcello Mastroianni altrove. Fellini, chiamato "Il Poeta", è a mio parere il più grande regista di poesia cinematografica. Il suo universo è magico, con lui si apre un mondo nuovo, strano e familiare, dove i ricordi diventano reali. Credo che la sua universalità lo renda il regista più spirituale e merita come Ozu, Bergman, Buñuel e molti altri di entrare nella leggenda dello schermo.

Per la Gremese International lei ha scritto un volume dedicato a Woody Allen. Fellini è stato tra i maestri (miti) del cineasta newyorkese. Cosa lega i due, secondo la sua opinione?

A differenza di Sergei Parajanov, il regista armeno-georgiano, che Fellini conosceva almeno via lettere, non c'è mai stato uno scambio epistolare tra Fellini e Woody Allen. Ma Woody Allen lo riconosce, in particolare nel suo rapporto con la magia che ha cercato di ricreare in alcuni dei suoi film. Woody Allen stesso riconosce che il suo è un cinema che deve molto a Fellini e il suo film Stardust Memories è un profondo omaggio a Otto e mezzo. Tra di loro c'è un legame non ovvio, eppure esiste. Ho iniziato a scrivere di Federico Fellini e anche su tutti i suoi "figli", vale a dire tutti quei registi che sono stati ispirati direttamente o indirettamente come Woody Allen, Pedro Almodovar, Sergei Parajanov e, ben certo, Emir Kusturica, il più vicino a Fellini tra i registi contemporanei.

Jean-Max Méjean (Nîmes, 17 aprile 1948) è uno dei più noti ed influenti critici e saggisti cinematografici francesi. Ha pubblicato tra i tanti, volumi come: Pedro Almodóvar (Gremese International), Woody Allen (Gremese International), Emir Kusturica (Gremese International), Fellini, un rêve, une vie (Le Cerf, coll. 7° Art), Fellinicittà ( Transparence), Almodovar, les femmes et les chansons ( L'Harmattan), Giulietta Masina, la muse de Fellini (in collaborazione con Zoé Valdés e Dominique Delouche- La Tour verte).