Campi coltivati sui veleni. Scatta la richiesta urgente di sequestro dell'area a cavallo tra Cassino e Sant'Elia dove, dopo la segnalazione di acque rosse tra biada e campi coltivati, erano scattati i campionamenti dell'Arpa Lazio dopo l'apertura di un'indagine volta a chiarire cosa avesse causato la fuoriuscita di acque rosse dalla terra. I risultati che avevano portato a proibire una vasta area a cavallo tra i due comuni risalgono all'inizio del novembre del 2016: alluminio, ferro, manganese e metalli pesanti fuorilegge. Veleni annidati tra campi coltivati e zone verdi a perdita d'occhio, in un'area ricca di fiumi e di falde acquifere.

I sospetti degli ambientalisti, che per primi avevano raccolto la segnalazione di un cittadino sulle acque rosse tra i campi coltivati, avevano trovato molto più che una conferma. Tanto che alla fine dello stesso mese, proprio a seguito di ulteriori segnalazioni degli ambientalisti, il sindaco di Sant'Elia Fiumerapido aveva ritenuto necessaria un'integrazione della precedente ordinanza per impedire che in località Pantanelle si potesse continuare a portare gli animali al pascolo o continuare a coltivare. Una necessità per Cuozzo, per tutelate la salute pubblica, dopo che con le costanti sollecitazioni rivolte all'Arpa Lazio gli ispettori erano nuovamente intervenuti per effettuare campionamenti di fanghi e acque rosse. Un grido d'allarme che sembrerebbe comunque caduto nel vuoto. Per questo Grossi ieri mattina ha depositato l'istanza di sequestro in procura  «al fine di evitare una vera e propria catastrofe umana che si andrebbe ad assommare a quella ambientale già accertata».