Funzionario reintegrato in azienda dopo 4 anni. E con una maxi indennità. Una sentenza destinata a fare giurisprudenza quella della Corte di Cassazione nei confronti di un funzionario alle dipendenze della Agc di Roccasecca, soprattutto dopo la riforma Fornero a seguito della quale ottenere di essere reintegrati sul posto di lavoro dopo un licenziamento appare una chimera.

I fatti

Nel maggio del 2013 la Agc di Roccasecca inviava all'ingegner Di Placido - quadro di ottavo livello - una lettera per indicare il "motivato recesso aziendale".

In questa lettera l'azienda precisava di non poter muovere nei suoi confronti «comportamenti in violazione di "codici aziendali" o anche solo potenzialmente lesivi del vincolo fiduciario» ma di non poter sostenere in vita, in sostanza, il rapporto giuridico bilaterale per la mancanza di adeguamento alle correnti esigenze del settore. E indicando, poi, l'impossibilità di ricollocare la sua figura da funzionario, comunicava all'ingegnere il recesso «per giustificato motivo oggettivo». Con effetto immediato.

Un licenziamento, ovviamente, impugnato dal lavoratore attraverso l'avvocato Loredana Di Folco. Impugnato il licenziamento è iniziato un vero e proprio braccio di ferro finito nelle aule di giustizia con una sentenza d'appello che in parte accoglieva le richieste del lavoratore.

Poi, nei giorni scorsi, una sentenza della Corte di Cassazione che non solo ha disposto la reintegra del dipendente ma anche il pagamento di 12 mensilità che con gli interessi superano i 60.000 euro.

Fondamentale, oltre al riassorbimento del dipendente, un principio destinato a fare giurisprudenza: un'azienda non può effettuare (in fase di licenziamento) già una valutazione giuridica dei motivi che hanno portato all'azione nei confronti del lavoratore. Inoltre la Cassazione non ha ritenuto validi, oltre al metodo, anche i motivi addotti. Ed ha annullato il licenziamento, ritenendolo illegittimo.