Panni stesi dalla moglie per depistare. Che c'entra con le indagini coordinate dalla Procura di Napoli Nord ed eseguite dal Nucleo di Polizia Tributaria della GdF di Napoli e dal Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Roma? C'entra perché il gruppo criminale operava in maniera scientifica, studiando tutte le soluzioni per evitare di essere scoperto.

Ecco, allora, che quando a Torromacco arrivava una "commessa" lui studiava - secondo gli inquirenti - luogo, attrezzi e squadra da comporre per rinchiudersi dieci giorni e lavorare sodo a quei soldi da stampare. Il gruppetto non doveva portare i cellulari, avere contatti con l'esterno e per il pranzo arrivava, una volta al giorno, lo "spesino". Poi la tipografia bunker si smaterializzava appena consegnata la merce. Sapevano che i controlli potevano essere dietro l'angolo, allora arrivavano finanche ad attrezzare la "sede del lavoro" con telecamere tutt'intorno. Le mogli o le compagne pensavano, magari, a stendere i panni sul balconi con i calzoni del capofamiglia per depistare gli investigatori e dare l'idea che l'"attenzionato" fosse in casa.

Ma nulla è sfuggito agli uomini delle Fiamme Gialle che erano dietro alla banda di falsari da tempo. E li hanno colti sul fatto, mentre avevano le mani nel... sacco. Avevano appena finito di stampare e stavano tagliando le banconote. Due le stamperie clandestine, a Frattaminore e a Casavatore. Nel primo caso si erano insediati dentro un'officina meccanica di automobili, avevano ricavato un piccolo locale nel retro di 6 metri quadrati. Ottima soluzione per "occultare" i rumori e, soprattutto, mascherare gli eccessivi consumi elettrici. Sì, perché gli uomini della Finanza valutano anche questo. La stampa era tradizionale, offset su carta, come quella di Totò, e la qualità delle banconote altissima. Nel secondo caso avevano cambiato sistema: erano passati al digitale, con un livello di rendimento leggermente inferiore ma con bassissimi consumi. E la stamperia era nella cucina dell'appartamento di due donne che l'avrebbero messa a disposizione.

La brillante operazione ha permesso l'arresto in flagranza di reato di 11 persone; ha portato a vari sequestri di banconote contraffatte per un valore nominale complessivo di oltre 11 milioni di euro. Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di ricostruire gli assetti organizzativi dei soggetti coinvolti, le gerarchie interne, le soluzioni tecniche adottare, lo stoccaggio e l'immissione nella rete distributiva della valuta falsa: dai grossisti agli spacciatori. In un caso, nelle 200 pagine dell'ordinanza, sarebbe contenuta pure la trattativa di un cassinate con un sodale del gruppo per una partita di soldi. Le banconote costavano il dieci per cento del valore facciale ma dipendeva anche dalla qualità. E, infatti, la venti euro contraffatta poteva costare in media un euro al grossista e arrivare a "pesare" cinque euro allo spacciatore singolo.