Quel nome era spuntato fuori sin da subito. Un attimo dopo il pestaggio. Chi lo aveva fatto, purtroppo, non conosceva il cognome.Anche lui era stato confuso con un albanese. La pista era stata subito accantonata.

Non era stata ritenuta attendibile, proprio in virtù della scarsità delle notizie fornite dai testimoni.

Ma quando Mario Castagnacci ha raccontato che a sferrare l'ultimo pugno sarebbe stato Michel,allora gli investigatori si sono convinti che a picchiare Emanuele c'era pure un'altra persona.Tanto che il procuratore De Falco,dopo che il pool di magistrati ha letto e riletto i verbali delle dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti, ha deciso di emettere il decreto di fermo nei confronti del ventiquattrenne di Frosinone.Fortuna, seppur la richiesta di privazione della libertà è stata convalidata, continua a sostenere, tramite il suo difensore,l'avvocato Giosuè Naso, che con quel delitto non c'entra nulla.Ammette solo la presenza in piazza Regina Margherita.Non spiega,però, perché decise di fuggire prima dell'arrivo dei carabinieri.Magari lo farà successivamente.Quando dovrà difendersi dalle accuse mosse da chi lo ha tirato in ballo.

A dire per la prima volta che era lì, nel corso di un interrogatorio avvenuto nell'immediatezza dei fatti, erano state M.R, e S.S, entrambe ventenni di Alatri.Raccontarono di aver assistito al litigio iniziale tra Emanuele e Domenico Paniccia. Aggiungendo pure che i buttafuori del Miro,per riportare l'ordine, avevano condotto fuori Morganti. Subito dopo evidenziarono che avevano riconosciuto nel gruppo degli aggressori Paolo Palmisani, Mario e Franco Castagnacci.
Così come un certo "Michel l'albanese".

I carabinieri,purtroppo, non riuscirono a risalire al terzo uomo. Nessuno,oltre alle due ragazze, confermò quella presenza, almeno per quanto riguarda i primi testimoni ascoltati.Ma poi, a seguito delle dichiarazioni del "Freddo", la mente degli investigatori è tornata a quella sera.
Scoprendo così che quel Michel in realtà non era un albanese, bensì Fortuna.E lunedì si sono aperte le porte del carcere.

Foto Claudio Papetti