Un licenziamento illegittimo, perché discriminatorio. Questa la decisione del giudice del Lavoro di Cassino, la dottoressa Savignano, che ieri ha disposto il reintegro sul posto di lavoro di un operaio di 35 anni di Piedimonte San Germano finito in un'operazione antidroga nel maggio del 2016. E per questo allontanato dal posto di lavoro. In base a quanto disposto nella sentenza il fatto di non aver contezza della concretezza delle accuse mosse a carico dell'operaio, senza alcuna condanna a suo carico, non può consentire all'azienda di ritenere lo stesso colpevole. E per tali motivi essere licenziato.

I fatti

La vasta operazione antidroga del maggio del 2016 comportò per l'operaio pedemontano la misura dell'obbligo di dimora. Una misura a seguito della quale Fca dispose l'allontanamento dal posto del lavoro del trentacinquenne «perché sospettato di aver effettuato attività di spaccio di eroina». E quindi "potenzialmente" pericoloso. Il giovane, attraverso gli avvocati Sandro Salera e Paola Alfei, aveva quindi impugnato il licenziamento ritenendolo illegittimo oltre che discriminatorio.

La sentenza

Gli avvocati Salera e Alfei hanno prodotto una serie di prove inoppugnabili in grado di dimostrare che il giovane non era pericoloso e che non basta il sospetto per indurre un'azienda a licenziare un dipendente. «È necessaria una condanna, ovviamente parliamo del terzo grado di giudizio, affinché si possa dire in maniera certa che una persona sia colpevole o meno» hanno spiegato le difese. In sostanza, come ricostruito dal giudice, l'azienda - venuta a conoscenza dalla stampa della vasta operazione antidroga in cui sarebbe finito anche il trentacinquenne pedemontano - avrebbe ritenuto la presenza dell'operaio in qualche modo «contraria all'attività produttiva». E per questo ne avrebbe disposto il licenziamento.

La lesione del rapporto di fiducia può essere tale, come dimostrato dagli avvocati, solo laddove vengano dimostrati i fatti contestati con prove certe ed inoppugnabili e non solo in base a una ricostruzione. Per questo il giudice Savignano ha disposto l'immediata riassunzione dell'operaio e la corresponsione di oltre 16.000 euro per gli stipendi non percepiti, oltre al pagamento delle spese di giudizio.