Corruzione nel carcere di Frosinone, di nuovo al centro della cronaca dopo la clamorosa evasione di 2 detenuti di pochi giorni fa. I carabinieri del reparto operativo - nucleo investigativo del Capoluogo nella mattinata odierna hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale frusinate nei confronti di 11 persone (4 in carcere, 1 agli arresti domiciliari e 6 obblighi di dimora).

I militari, al termine di una complessa attività investigativa partita nello scorso mese di luglio, hanno scoperto un giro di telefonini nel carcere di via Cerreto che faceva perno su N. R. originario di Piglio, 47 anni,  assistente capo della Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale di Frosinone. L'uomo, dietro il pagamento di somme di denaro che variavano fra i 150 e i 500 euro, facilitava l'introduzione dietro le sbarre di telefoni cellulari che poi i detenuti utilizzavano per vari scopi: dai semplici rapporti affettivi con parenti, amici e donne alla gestione della prostituzione.

Oltre al 47enne ciociaro, l'ordinanza del Gip ha colpito anche L. G. albanese, 35 anni, (già detenuto presso la Casa Circondariale di Frosinone, attualmente ristretto presso la Casa Circondariale di Spoleto per droga, rapina e sfruttamento della prostituzione); S. D. M. rumeno 26 anni (già detenuto presso la Casa Circondariale di Frosinone, attualmente agli arresti domiciliari per reati di droga); C.D. napoletano, 26 anni,  (già detenuto presso la Casa Circondariale di Frosinone, attualmente ristretto presso Casa Circondariale di Ariano Irpino – AV per droga e rapina); A. A. albanese, 37 anni, (già detenuto presso la Casa Circondariale di Frosinone, attualmente ristretto presso Casa Circondariale di Isernia per droga); C.M. cagliaritana, 41 anni;  C.E. originaria di Cardito (NA), 45 anni; M.E. originario di Cardito (NA), 40 anni; A.P., originario di Sabaudia (LT), 52 anni; A.P. originaria di Latina, 38 anni; R. P., originaria di Sabaudia (LT), 45 anni. Gli stessi sono ritenuti responsabili di concorso in corruzione di pubblico ufficiale mentre L. G. anche di sfruttamento della prostituzione.

I provvedimenti, come detto, traggono origine da una articolata attività d'indagine, su delega della locale Procura, avviata nel mese di luglio 2016 e condotta dal dipendente Nucleo Investigativo sino al mese di settembre scorso a seguito del ritrovamento, da parte di personale della Polizia Penitenziaria, di alcuni telefoni cellulari all'interno di celle della locale Casa Circondariale. Le odierne misure cautelari sono dunque il risultato di un approfondimento investigativo sia sui telefoni rinvenuti sia sulle modalità attraverso le quali gli stessi erano stati introdotti all'interno delle mura carcerarie, appurando una reiterata attività di corruzione da parte di quattro detenuti del Carcere di Frosinone nei confronti di un assistente capo della Polizia Penitenziaria colà in servizio, finalizzato all'introduzione di apparati telefonici e, in una circostanza, di  sostanza stupefacente ed altre non meglio individuate utilità.

Sostanzialmente, attraverso una sorta di passa parola i detenuti destinatari dell'odierna misura, parlando tra loro, erano venuti a conoscenza della possibilità di potersi dotare di un telefono cellulare corrispondendo alla guardia carceraria una somma che variava dai 150 ai 500 euro. Tale denaro ovviamente veniva fatto recapitare al destinatario attraverso la mediazione di congiunti dei che venivano istruiti in tal senso o attraverso i previsti colloqui o raggiunti direttamente al telefono attraverso l'utilizzo di apparecchi già presenti ed in uso all'interno del carcere che venivano generosamente messi a loro disposizione da uno dei quattro detenuti che ne aveva già il possesso.

Nel corso delle indagini sono state accertate tre cessioni di telefonini, di ultima generazione, muniti di sim card e caricabatteria, l'introduzione di 50 grammi di sostanza stupefacente del tipo hashish e la corresponsione complessivamente di circa 2000 euro che era stata fatta recapitare all'assistente della polizia penitenziaria in parte attraverso dazione diretta per il tramite di familiari ed una parte attraverso l'accreditamento su una Postepay intestata alla stessa guardia.

L'uso dei telefoni da parte dei detenuti per le più svariate esigenze. Dalla necessità affettiva di mantenersi in contatto con fidanzate, genitori e congiunti in genere alla gestione di altre illecite attività, come nel caso di  L. G., originario dell'Albania, cl. 82 (attualmente detenuto presso Casa Circondariale di Spoleto) che curava, in ogni fase, la prostituzione della propria sorella e compagna attraverso l'inserzione in specifici siti di annunci e foto, l'indicazione alle donne di un vero e proprio codice comportamentale da tenere con i clienti in ordine a tempi e modalità dei rapporti, rimanendo talvolta in linea sia nella fase di "contrattazione" che di consumazione della prestazione sessuale. Ovviamente gli introiti, al netto delle spese di gestione, venivano dalle donne versate su una postepay che il detenuto gestiva direttamente dal suo efficiente smartphone comodamente dalla sua cella.

Riepilogando, l'Ordinanza di custodia ha interessato i seguenti soggetti nella misura cautelare: 

-          in carcere: L. G. albanese, cl. 82 (attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Spoleto per droga, rapina e sfruttamento della prostituzione);

.           S. D. M. rumeno cl. 91 (attualmente sottoposto agli arresti domiciliari presso propria abitazione in Frosinone per reati di droga);

.           C.D. napoletano cl. 91 (attualmente detenuto presso Casa Circondariale di Ariano Irpino – AV per droga e rapina);

.           A. A. albanese cl. 80 (attualmente detenuto presso Casa Circondariale di Isernia per droga);

-          arresti domiciliari, con applicazione del braccialetto elettronico, nei confronti di N. R., originario di Piglio (FR) cl. 70, Assistente Capo della Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale di Frosinone;

-          obbligo di dimora nei confronti dei restanti destinatari.

Nell'ordinanza è stato evidenziato che, nonostante la sottoposizione al regime carcerario, i detenuti hanno dimostrato una inusuale pericolosità sociale e uno spiccato spessore criminale riuscendo a continuare a commettere delitti anche dall'interno dell'istituto di pena.