Si faceva chiamare Ramon. A Frosinone la sua pizza l'hanno mangiata in tanti. Poi quell'attività che sorgeva in via Aldo Moro, dove lui lavorava, ha chiuso i battenti. Nessuno avrebbe mai immaginato che Vincenzo Civale, 40 anni di origini campane ma residente nel capoluogo da diversi anni, potesse trasformarsi in un narcotrafficante. Ora si trova rinchiuso nel carcere di via Cerreto. E lì che gli uomini della Guardia di Finanza, dopo il blitz nella sua abitazione, lo hanno condotto. È ritenuto una delle menti di un enorme traffico di stupefacenti tra la Colombia e l'Italia.
L'operazione che lo ha coinvolto è scattata a seguito di una perquisizione di alcuni container, provenienti dal Sud America, trasportati dalla motonave "Brussels" nel porto di Salerno. Dentro c'erano 110 chilogrammi di cocaina. Tre i provvedimenti di fermo emessi dalla Dda. Una quarta persona, di nazionalità spagnola, è tutt'ora latitante.

Civale è accusato di essere l'uomo che manteneva i contatti con i fornitori sudamericani. Dalle intercettazioni emerge che con Antonio Lupo, un'altra delle persone coinvolte nel blitz, usavano i nomi in codice di "Ramon" e "Pedro" per scambiarsi messaggi via "pin to pin", una chat per i telefonini Blackberry. «Perché i milioni saranno tanti anzi tantissimi... qui ne hanno a tonnellate e vogliono lavorare con noi», scriveva Civale che parlava spesso anche con Peguero Cruz, l'uomo che gestiva i contatti con i narcos colombiani. Il quarantenne, residente a Frosinone, diceva pure: «Io sono qui dal finanziatore che mi aveva dato appuntamento per stamattina per comprare tutto. E invece oggi guarda caso sta male ed ha il telefono spento». E Lupo, a quel punto, pensò di cambiare cavallo, di trovare qualcun altro disposto a metterci i soldi: «Caro fratello e te lo dico con tutto il cuore - faceva notare - ti prometto che non perdo più tempo per questi quaquaraqua. Dirti che sono mortificato è il minimo. Spero che questi uomini di m... non ci compromettono i rapporti». Ma Civale ribadiva «Domani sera ho un incontro con delle persone che sicuramente compreranno il nostro affare».
I due, secondo la Dda, stavano organizzando nei minimi particolari le importazioni, servendosi di un commercialista esperto in relazioni internazionali. Ma le manette sono scattate prima.