Posizioni molto critiche e voglia di continuare a cercare una giustizia per Gilberta: la famiglia non accetta la sentenza della Corte d'Appello e si prepara alla Cassazione. Lo ha annunciato ieri mattina, in Comune, nel corso di una conferenza stampa il fratello della professoressa uccisa, Roberto Palleschi, accompagnato dalla moglie Giuliana, dalla figlia Alessia e dagli amici più stretti. Con lui, al tavolo dei relatori l'avvocato difensore, Massimiliano Contucci e il sindaco di Sora, Roberto De Donatis.

«Siamo molto delusi dalla giustizia - ha sottolineato Roberto - La sentenza della scorsa settimana ci ha lasciato spiazzati perché nessuno di noi osava soltanto immaginare una simile conclusione del processo di Appello. Abbiamo constatato alcune anomalie processuali e abbiamo incaricato il nostro avvocato, Massimiliano Contucci, di chiedere l'annullamento del processo. Non abbiamo alcuna intenzione di lasciare questo caso sospeso a un filo. Desideravamo che almeno la giustizia ci desse conforto attraverso la legge visto che Gilberta non potrà tornare in vita».

Anche il sindaco Roberto De Donatis ha espresso parole sentite nei confronti di questo omicidio e della sua "considerazione giuridica": «Da quel primo novembre la comunità non è più se- rena perché ha subito un torto - ha detto il primo cittadino - Il nostro paese ha visto disattende- re quella che era la percezione di una giustizia compresa in un modo più chiaro e netto nel primo grado, in cui Antonio Palleschi era stato condannato all'ergastolo. Siamo amareggiati e disorientati, restando nella consapevolezza di dover credere nelle istituzioni, riponendo fiducia nel diritto».

Parole ancora più dure quelle dell'avvocato Massimiliano Contucci: «Lo Stato non ha tutelato la famiglia Palleschi e le donne di Sora. Nei prossimi giorni presenteremo ricorso in Cassazione con la speranza che si arrivi all'annullamento del Processo d'Appello. Abbiamo anche intenzione - ha fatto sapere Contucci - di avviare una raccolta firme d'iniziativa popolare per modificare la legge, di recente emanazione, in base alla quale i familiari delle vittime di atti così efferati hanno diritto a un risarcimento, solo se il loro reddito annuo non superi gli 11.000 euro».