Nuova tranche dell'inchiesta Grand hotel. Dopo le condanne in appello per la seconda inchiesta, quella relativa ai fatti successivi al 2012, il gup del tribuna- le di Roma ha disposto sei rinvii a giudizio per l'inchiesta originaria. Sotto la lente della direzione distrettuale antimafia era- no finiti episodi, fino a giugno 2011, relativi a una presunta associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. La base logistica del gruppo, in base a quanto emerso nel corso dell'attività investigativa, era nel quartiere Tuscolano, a Roma. Tuttavia l'attività di spaccio, di cocaina, si svolgeva anche in Ciociaria. La base locale era in corso Lazio, con ramificazioni in altre realtà del circondario tra cui Alatri centro, Tecchiena, Supino e Veroli.

Le indagini erano andate avanti per otto mesi, ma la prima richiesta di misure restrittive era stata respinta. Venne così l'operazione Grand hotel 2 con arresti e sequestri per la confisca dei beni, tra cui due Ferrari, una Mercedes, tre palazzine a Roma, un fabbricato e terreni a Frascati, conti correnti e buoni postali, e anche le prime con- danne, confermate in appello. E tra i sei rinviati a giudizio già anche chi ha ricevuto una prima condanna. Il nuovo processo che si celebrerà a Roma, a partire dal 26 settembre, interesserà i romani Alevino Di Silvio, considerato il capo dell'organizzazione, già condannato in secondo grado a 11 anni e 8 mesi di reclusione, Eraldo Bartoli e Mirko Coratti, e i frusinati Luciano Rossi, Italia Del Prete e Antonietta De Silvia, difesi dagli avvocati Angelo Staniscia, Enrico Pavia, Tony Ceccarelli e Pasquale Milo.

L'inchiesta principale era nata quasi per caso. A seguito di un incidente stradale in A1 nel quale morì una donna, gli agenti della polizia trovarono un po' di cocaina e un bigliettino sul quale c'era un numero di cellulare. Ri- salendo a quel numero gli investigatori scoprirono le attività condotte dal gruppo. Da qui il nome dato all'operazione Grand hotel, per via dell'alto tenore di vita, come dimostrerebbero le Ferrari, incompatibile, secondo le accuse, con le fonti di entrata ufficiali.