Sono le due persone che il gup del tribunale di Frosinone, Stefano Troiani, ieri mattina, ha rinviato a giudizio. Dario Pietrafesa e Paola Quatrini sono accusati di induzione indebita a dare o promettere utilità.Sei i casi, tre tentati e altrettanti consumati, sui quali ha investigato la procura di Frosinone.Ieri, il pubblico ministero Barbara Trotta, alla luce del risultato delle indagini condotte,dal novembre 2010 al gennaio 2014, dal gruppo tutela del patrimonio archeologico del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, ha chiesto il rinvio a giudizio per entrambi, anche dopo l'interrogatorio al quale si è sottoposta la Quatrini.
L'inchiesta riguarda lavori compiuti da privati come anche da enti pubblici e istituzioni per i quali, secondo la ricostruzione dei finanzieri, sarebbero stati imposti alle parti professionisti dietro minaccia del mancato sblocco delle pratiche.Il procedimento relativo ai lavori su siti di interesse archeologico pone, infatti, a carico del privato gli oneri finanziari relativi al recupero o alle conservazione del bene tutelato, previa approvazione del progetto da parte dei funzionari della soprintendenza all'esito di verifiche effettuate sul posto.
Ed è qui che si innesta, secondo la ricostruzione dell'accusa, il sistema escogitato dagli indagati per creare nella parte privata una sorta di sudditanza psicologica in modo da indurre l'affidamento degli incarichi alle persone"giuste". A Pietrafesa e Quatrini, in concorso,vengono contestati due episodi.
Il primo, solo tentato,relativo alla realizzazione di un bancomat su un terreno sottoposto a vincolo archeologico. L'altro per dei lavori compiuti, sempre a Frosinone, da un privato lungo la Casilina. Stando alle accuse la Quatrini avrebbe fatto pressioni per la nomina dell'archeologo Pietrafesa, in passato anche direttore del museo del capoluogo, considerato dall'accusa un suo protetto. Il tutto,sempre secondo la ricostruzione del pm, per spartirsi la somma derivante dallo svolgimento dell'incarico professionale.
Alla sola assistente archeologa vengono contestati altri quattro episodi, anche qui equamente divisi tra tentati e consumati,per dei sondaggi archeologici a Ceprano (in due occasioni), San Giovanni Incarico e Pofi.
Stando alla ricostruzione della Finanza,l'accusata avrebbe minacciato di bloccare il rilascio del nulla osta,facendo pressioni su un professionista,e avrebbe preteso parte del compenso degli archeologi.In tre episodi, però, il disegno non si sarebbe realizzato: i privati non avrebbero accettato.
Accuse che la Quatrini ha respinto(come fa anche Pietrafesa) nel corso dell'interrogatorio: ha spiegato al giudice di non avere avuto il potere di imporre un proprio tecnico per garantire il rilascio della certificazione e che, comunque, i professionisti erano indicati dalle parti.
Proprio su quest'ultima circostanza si gioca gran parte del processo.Per il gruppo tutela del patrimonio archeologico, infatti, il sistema escogitato avrebbe impedito al titolare dei lavori, pur avendone il diritto, di nominare in piena autonomia l'archeologo per supervisionare gli scavi. L'inchiesta, durata oltre sei mesi, ha passato al setaccio cinque anni di lavori per i saggi archeologici. Due i procedimenti attualmente aperti.
Oltre a quello esaminato ieri dal gup un altro filone è finito per competenza davanti al tribunale di Cassino.La prima udienza è stata fissata al 30 maggio davanti al tribunale collegiale al quale il gup ha rimesso le carte per una verifica dibattimentale delle accuse.
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giampiero Vellucci e Marco Torriero. Delle parti offese, tre archeologi, un ingegnere e un committente privato, solo l'ingegnere,di Cassino, si è costituto parte civile attraverso l'avvocato Tiziana Siciliani.