Il datore l'aveva fatta spiare a lungo da alcuni investigatori privati, che avevano annotato certosinamente ogni suo spostamento, ogni suo contatto, ogni sua frequentazione, registrando perfino il colore degli indumenti indossati dalla lavoratrice nel suo tempo libero e nelle sue occasioni di svago. Quindi, l'aveva licenziata in tronco ritenendo che la lavoratrice avesse simulato la malattia agendo con scarsa diligenza.

Il Tribunale di Frosinone ha annullato quel licenziamento e ha disposto l'immediata reintegra della lavoratrice, accogliendo in pieno le richieste avanzate dall'avv. Giorgio De Santis suo difensore di fiducia. Una sentenza davvero importante, quella del Tribunale di Frosinone, destinata a fare giurisprudenza per la delicatezza dei temi trattati.

Infatti, in ballo vi erano i limiti a carico del datore di lavoro di poter frugare e scrutare nella vita privata dei propri dipendenti e, dall'altro, il diritto di questi ultimi di non vedere menomatala loro libertà personale anche quando sono in malattia. Si trattava di capire, infatti, quali sono i precisi limiti aduna normale vita di relazione del dipendente infortunato ed ammalato. Accogliendo il ricorso dell'avv. Giorgio De Santis, il giudice ha disposto la reintegra della lavoratrice che era dipendente in qualità di commessa in un grosso centro di abbigliamento della città idropinica.

La lavoratrice, senza che se ne accorgesse, era stata pedinata a lungo, fotografata e ripresa dagli investigatori assoldati dal datore, mentre usciva con i suoi familiari, ma anche con amici ed amiche, andava in alcuni locali pubblici e camminava per strada. Il tutto, però, mentre si trovava in malattia a seguito di un precedente infortunio. Ebbene, secondo le accuse datoriali, da questo doveva desumersi che la lavoratrice non stesse, allora,effettivamente male e, in ogni caso, che, in tal modo, ritardasse la sua guarigione. Di qui, la contestazione disciplinare ed il successivo licenziamento.

La commessa contestava gli assunti datoriali e, con l'assistenza dell'avv. Giorgio De Santis, proponeva subito ricorso. Il tutto, sul presupposto che il licenziamento dovesse ritenersi illegittimo, atteso che la lavoratrice,in realtà, poteva ben attendere alla propria vita personale e svolgere, dunque, quelle attività di normale vita privata, senza che tutto ciò costituisse illecito disciplinare, contrariamente a quanto ipotizzato e sostenuto dal datore di lavoro.

Nei giorni scorsi, la discussione, nella quale l'avv. De Santis, dopo aver lungamente ribadito i principi giuridici alla base delle proprie difese, ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Il Tribunale ha accolto tutte le relative richieste, ed ha disposto per la reintegra immediata, il risarcimento del danno, la regolarizzazione contributiva, condannando il datore anche al pagamento delle spese processuali. L'importanza della pronuncia deriva anche dal fatto che, come noto, la legge Fornero, oggi rende difficilissima la reintegra anche nelle ipotesi in cui il giudice ritiene illegittimo il recesso.