Elegante nel suo doppio petto principe di Galles. Raffinatezza e gusto nel vestire che riflettono una non comune gentilezza d’animo, quasi rara nel nostro tempo, sempre più corrotto da stili chiassosi e da volgarità ostentata senza alcun pudore. Brunello Cucinelli, re del cashmere a colori, al vertice di quello che è diventato un impero imprenditoriale che fattura 450 milioni di dollari l’anno, è un uomo d’altri tempi, umile nell’approccio alla vita e con gli altri, con un’idea rinascimentale del lavoro che si fonda su una concezione umanistica ed etica del capitalismo.

La sua idea d’impresa mette al centro l’uomo e non il profitto. «Io non voglio essere responsabile di aver rubato l’anima a chi lavora con me» ha detto agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone che ha incontrato, ieri mattina, a palazzo “Pietro Tiravanti ”per una lectio magistralis in cui ha illustrato la sua esperienza prima di vitae, poi, di imprenditore. Una scelta non casuale se si considera che l’Aba frusinate, come ha ricordato con una punta di orgoglio il direttore Luigi Fiorletta, è stata tra le prime ad ospitare un corso di fashion design.

Suo padre abbandonò la vita di campagna per un lavoro in fabbrica e Cucinelli ha raccontato di ricordarsi di lui esausto e spesso umiliato dalle prese in giro da parte degli altri lavoratori per i suoi vestiti da contadino e di aver visto in Solomeo l’occasione di creare l’ambiente di lavoro che suo padre non ha potuto avere, oltre a rivitalizzare un posto, diventato il fulcro del suo esperimento economico e sociale, che gli abitanti avevano abbandonato. «Nella mia vita - ha detto Cucinelli - ho sempre coltivato un sogno: quello del lavoro utile per un obiettivo importante. Sentivo che il “profitto d'azienda”, da solo, non bastava a realizzare questo mio sogno, e che un fine più alto doveva essere ricercato».

La spiritualità dei grandi pensatori del passato, dei santi e dei poeti, al di là dei dogmi e delle discipline, indica senza ombre e senza eccezione un unico valore davvero grande: quello dell'uomo. «Ho ascoltato - ha detto ancora - la parola “sapiente e commossa” di San Francesco, Socrate, Seneca, e ho capito che il valore economico è nullo senza quello umano, dal quale pertanto il primo non può prescindere. Soltanto riconoscendo la natura spirituale della realtà umana è possibile assegnare all'uomo, nel mondo, il suo giusto ruolo, e capirne la vera dimensione. Il lavoro, inteso così come espressione del valore umano, diviene anch’esso partecipe di spiritualità, e consegue il fine superiore del vero bene, anche attraverso il rispetto rigoroso dell'azienda. Tutto questo, che permette di re- cuperare le guide infallibili della passione, del coraggio e della serenità, è quanto io concepisco come “impresa umanistica”».

In quasi un’ora di prolusione, Cucinelli, citando con straordinaria padronanza il pensiero di Socrate, Seneca, Adriano, Platone, Rousseau ha lanciato un messaggio di speranza alle nuove generazioni: la bellezza vi ci salverà. «Abbiamo avuto un trentennio di crisi di civiltà, oggi stiamo vivendo un rinascimento morale, civile, economico e spirituale. Siamo tornati a investire nei tre grandi ideali: la politica, la famiglia e la spiritualità. È partito più di due anni fa papa Francesco ricordandoci di non giudicare e di non volgere le spalle alla povertà. Dobbiamo tornare a essere sostenitori dell’Italia, è l’Italia che ha bisogno di noi, soprattutto dei giovani. E non ci sono figure salvifche, nemmeno gli imprenditori. Questo è un momento magico per l’umanità, di declino del consumismo. Per consumismo intendo la parte oltre l’utilizzo e noi siamo tornati a utilizzare, ad avere un rapporto normale e bello con le cose. E forse siamo proprio noi italiani i primi ad aver concepito questa consapevolezza. Come diceva Eraclito, mentre il mondo si riposa, le coscienze si rigenerano e si stanno risvegliando».

Non solo spiritualità, ma anche tanta concretezza nel pensiero di Cucinelli: «Non siamo ipocriti. L’azienda non di- sdegna il profitto. Ma il profitto deve essere giusto, non si sacrifica la dignità dell’uomo per il profitto e questo vuol dire rispetto per tutti, orari di lavoro giusti, luoghi di lavoro confortevoli».

Poi, il messaggio finale: «Bisogna tornare a credere in noi stessi e tornare alla normalità della vita. Bisogna credere nella speranza».