Lavori abusivi per la realizzazione della moschea di Frosinone, è iniziato il processo. Sotto accusa sono in tre: il committente e legale rappresentante dell’associazione culturale islamica di Frosinone e del Lazio, Ettuba onlus, l’imam Omar El Jaouzi, 69 anni, originario del Marocco, residente a Veroli, il progettista e direttore dei lavori della Scia Cataldo Dati, 61, di Frosinone e Romia Moafi, 40, egiziana, residente aSant’Angelo Lodigiano titolare della ditta esecutrice dei lavori.

I tre, difesi dagli avvocati Angelo Testa, Mario Cristofari e Stefania D’Agostini, sono accusati dei lavori di ampliamento di uno stabile in viale AmericaLatina, in assenza del permesso a costruire. Peraltro, a seguito dell’accertamento compiuto dai vigili urbani di Frosinone il 5 settembre del 2014, l’associazione aveva provveduto a demolire le opere realizzate in difformità del progetto, ottenendo un successivo titolo, in sanatoria, per completare l’intervento che dovrebbe destinare a Frosinone una vera e propria moschea dove la comunità islamica locale possa ritrovarsi per pregare.

Le accuse

Nello specifico all’imam è contestato l’aver effettuato la ristrutturazione, il completamento e l’ampliamento di un immobile in cemento armato, in una traversa di viale America Latina, a concessione edilizia scaduta e senza essere in possesso del permesso ad edificare. Per la procura sarebbe stata utilizzata un’autorizzazione edilizia del 1994 dei vecchi proprietari dell’immobile. Così facendo sarebbero stati realizzati la tamponatura esterna del portico, la sovraelevazione del primo piano con muri centrali e perimetrali in forati, per un’altezza di sette metri. Al momento del sopralluogo dei vigili urbani e dell’ufficio tecnico del Comune di Frosinone l’immobile si presentava in corso di costruzione e senza il tetto. A tutti e tre gli imputati è inoltre contestato l’aver realizzato, in difformità della Scia e senza permesso a costruire, muri di sostegno in cemento armato più alti di novanta centimetri rispetto al progetto e una rampa d’accesso al piano sottostrada con muro in cemento armato di altezza variabile tra mezzo metro e due metri e mezzo per una lunghezza di 18 metri circa, non prevista nella Scia.

I primi testimoni in aula

Dopo un paio di sedute rinviate, il processo è iniziato ieri davanti al giudice monocratico Ida Logoluso. Due i testi chiamati dal pubblico ministero, una dipendente dell’ufficio tecnico e un agente della polizia locale. I due, alle domande del pm Marzia Uras, sono stati chiamati a ricostruire il sopralluogo effettuato sul cantiere il 5 settembre 2014.

La prima teste ha fatto riferimento a dei «titoli diversi» e a una richiesta, in epoca precedente, di permessi ad ampliare l’edificio. «Ma era solo una richiesta», ha ribadito la dipendente comunale. La teste si è soffermata sulla rampa d’accesso al piano seminterrato e alla Scia. Quanto al vecchio permesso, si trattava di una concessione del ‘94, dei precedenti proprietari, per la ristrutturazione di un fabbricato rurale senza servizi igienici. Al momento del sopralluogo - ha ricordato la testimone - il fabbricato era costituito da un piano seminterrato e un piano terra, tamponato e chiuso. Inoltre c’era una sopraelevazione del sottotetto, ma mancava la copertura. Dalla documentazione fotografica, nel 2012, c’erano solo i pilastri senza copertura.

L’avvocato Testa, difensore di El Jaouzi, ha chiesto al teste se, nella compravendita dell’immobile stipulata nel 2012 con l’associazione culturale islamica, si dava conto di un permesso a costruire del 2010. Ma il teste sul punto non ha saputo fornire una risposta. Il legale ha chiesto se l’ordine di demolizione emesso dal Comune era stato rispettato. «È stato demolito tutto, anche la parte interrata», ha risposto il teste. Quindi è seguito l’intervento del vigile urbano chiamato anch’egli a riferire dell’avvenuta demolizione delle parti abusive. Il processo è stato aggiornato a ottobre per ascoltare i testi indicati dalle difese.