Un centro di potere, ben più forte di quello politico, che tiene sotto scacco gli imprenditori. Tanto da generare una sorta di timore reverenziale legato alla paura di essere estromessi dal giro di affidamento degli appalti pubblici. Ne è convito il procuratore di Frosinone Giuseppe De Falco, tanto da inviare una dettagliata informativa al procuratore generale Giovanni Salvi; un documento scottante che è ora contenuto nella relazione dell’anno giudiziario 2017. Quella sulla quale sta indagando il capo dei magistrati del capoluogo, non è un’organizzazione criminale in senso stretto che chiede tan- genti per non intralciare lo svolgimento delle gare. Si tratta di un sistema basato sulla burocrazia, che concede ai dirigenti degli enti pubblici una sorta di arbitrarietà nello stabilire chi lavora e chi no.

Il potere dei funzionari

Nel mirino dell’alto magistrato ci sono, infatti, i dirigenti comunali. Sono loro, a quanto pare, i deus ex machina dell’affidamento, in maniera cliente- lare, dei lavori pubblici. «Il dato numerico dei delitti di corruzione, leggermente minore rispetto al passato, non è significativo, posto che non riflette assolutamente una minor rilevanza numerica di simili reati». Evidenzia De Falco a Salvi, facendo quindi notare che: «come per il passato, nonostante continuino ad essere avviate, presso la Procura di Frosinone, importanti indagini inerenti delitti contro la pubblica amministrazione, si ha l’impressione che i reati denunciati siano solo una mini- ma parte del dato criminale effettivo». Quindi l’indice puntato contro quello che è il vero retroscena criminale.

Gli affidamenti diretti

«In particolare le indagini in corso concernono anche un fenomeno rispetto al quale si ha l’impressione di un’illegalità diffusa nel territorio, e cioè l’affidamento di appalti di importo non ingente sulla base di inviti per la presentazione di offerte rivolti ad una cerchia ristretta di imprese che sembrano far capo sempre alle medesime persone, le quali spesso acquisiscono la commessa tramite successivi contratti di subappalto, originariamente non previsti». Il magistrato, con riferimento a tali vicende, tiene ad evidenziare «come, a seguito della ridefinizione delle competenze nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, con il progressivo aumento dei poteri di intervento in capo ai dirigenti, a discapito degli organi di direzione politica, le fattispecie illecite inerenti l’affidamento di appalti vedano sempre più spesso coinvolti dirigenti, per lo più con competenze di natura tecnica, che creano veri e propri centri di potere all’interno delle amministrazioni di appartenenza».

Reati e omertà

Tutto ciò provoca un elevato numero dei reati di abuso d’ufficio. «In proposito - sottolinea De Falco - si segnala che, a fronte di procedimenti inerenti fattispecie di effettiva gravità, in altri casi il dato riflette fattispecie di piccoli soprusi ovvero, al contrario, piccoli favoritismi. L’azione illegale del- le imprese si manifesta spesso anche nella predisposizione di meccanismi fraudolenti mirati al conseguimento indebito di finanziamenti, contributi, elargizioni». Occhi puntati anche contro l'omertà. «La frequente contiguità tra funzionari pubblici e soggetti privati spiega invece, probabilmente, perché i casi di concussione siano del tutto esigui, operando i predetti soggetti per lo più su un piano di sostanziale parità a fini illeciti». Non si denuncia per paura Permane quindi, il dato, negativo, della pressocchè totale inesistenza di denunce di cittadini e, «soprattutto, imprenditori incappati in fattispecie concrete di concussione o corruzione. Si ha l’impressione che tali soggetti preferiscano subire in silenzio, vuoi per paura di ritorsioni, vuoi, soprattutto per ciò che concerne gli imprenditori, per paura di essere estromessi dal giro di affidamento di pubbliche commesse e per il correlato auspicio di poter invece sfruttare a proprio vantaggio successive eventuali possibilità di interlocuzione, sia pure con modalità illecite, con i funzionari pubblici.

Ancora assai rilevante è invece il numero delle denunce anonime, spesso, tra l’altro, del tutto generiche e quindi insuscettibili di sviluppi investigativi. Ciò riflette indubbiamente un dato culturale purtroppo connesso a quello della illegalità dei funzionari pubblici, e cioè la scarsa propensione a farsi parte attiva nel contrasto o comunque nella reazione all’illegalità. Per altro verso, anche la lentezza del processo penale, con la conseguente estrema difficoltà di pervenire a pronunce di condanna irrevocabili per i delitti contro la pubblica amministrazione (già di per sé caratterizzati dalla grande difficoltà dell’accertamento probatorio) costituisce un altro dato demotivante per i potenziali denuncianti, che origina progressiva- mente un senso di sfiducia nella magistratura».

Un pool specializzato

Il procuratore di Frosinone sollecita pertanto la creazione di una vera e propria task force per contrastare tale modus operandi. «Permane l’esigenza - argomenta - al fine di garantire una maggiore incisività delle indagini in materia, di una precipua specializzazione dei magistrati dell’ufficio del pubblico ministero e dell’individuazione di forze di polizia giudiziaria specificamente competenti, soprattutto con riguardo alla complessità degli accertamenti patrimoniali e della disamina della documentazione acquisita presso le pubbliche amministrazioni. In questo senso – conclude il dottor De Falco, nella relazione inviata al procuratore generale Salvi - è intenzione valutare la possibilità di implementare le sinergie operative tra i diversi organi di polizia giudiziaria, sfruttando le competenze specifiche di ciascuno di essi».