È apparso improvvisamente durante la partita Cassino-Roccasecca. Poi è stato bruciato. Ma il messaggio, oltremodo chiaro, è passato. E non è sfuggito alla Digos che sta cercando di andare fino in fondo e risalire agli autori del gesto. Da cui, ovviamente, prendiamo ogni distanza. «Sappiamo che sei stato tu. Cucchi vive»: questa la frase apparsa dagli spalti delle tifoserie durante il derby (che si è giocato nello stadio di Cassino) e immediatamente data alle fiamme. Chiaro il riferimento - purtroppo non l’unico - all’avanzamento giudiziario sul caso Cucchi, con la chiusura dell’indagine bis sulla morte di Stefano, arrestato per droga nel2009 e deceduto 7 giorni dopo al Pertini. Tra i carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale c’è anche un militare che lavora nella Caserma di via Sferracavalli.

Possibile che l’accusa lanciata dagli spalti - nonostante, lo ricordiamo, siamo nella fase solo della formulazione dell’ipotesi accusatoria, tutta da dimostrare-sia rivolta proprio al militare in forza a Cassino. Ma non è da escludersi neppure che sia stata rivolta allo Stato, più volte tirato in ballo (anche attraverso battaglie on-line) durante la prima inchiesta, come “responsabile” della morte del giovane geometra, di fatto rimasta impunita. Per questo gli agenti della Digos del Commissariato di Cassino, coordinati dal vicequestore Alessandro Tocco, stanno approfondendo la questione, cercando di andare fino in fondo alla vicenda. Non l’unica in Italia: uno striscione per Stefano Cucchi è stato mostrato dai tifosi anche durante la partita Torino-Bologna, dopo le nuove accuse mosse ai carabinieri.  Stessa scena negli spalti a Nocerina-Picerno, dove tra cori e striscioni, la scena è stata tutta di Cucchi.

Il nuovo filone

Il procuratore capitolino Giuseppe Pignatone e il sostituto Giovanni Musarò hanno chiuso l’inchiesta bis formulando a carico di Alessio Di Bernardo (originario di Sesto Campano, ma in forza alla Caserma di Cassino da anni), Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco l’accusa di omicidio preterintenzionale.

Stando alle recenti informazioni divulgate dalle agenzie nazionali, nelle ultime ore anche altri due carabinieri sono stati coinvolti per «aver mentito al pubblico ministero che indagava sulla morte del giovane geometra romano». Sia il rappresentante dell’Arma che lavora da diversi anni a Cassino, sia i suoi colleghi, erano stati già finiti nel caso Cucchi per lesioni personali aggravate. Inchiesta che fino ad oggi ha visto solo sentenze d’assoluzione, anche nei confronti dei medici coinvolti.