La crisi
30.12.2025 - 11:00
Un 2025 che si chiude e un 2026 che si apre esattamente nello stesso modo: sotto il segno dei fermi produttivi. Non solo ferie forzate fino al 31 dicembre, ma anche la comunicazione arrivata ieri che annuncia un nuovo stop produttivo dal 2 al 16 gennaio per i reparti di lastratura, verniciatura e montaggio. L’ennesimo arresto che accompagna la fine dell’anno e inaugura quello nuovo, con un brindisi consumato nel silenzio delle linee ferme, sorde all’arrivo di nuovi modelli e segnate da un numero sempre più basso di addetti. Uno scenario che non riguarda soltanto lo stabilimento, ma che si riflette su un intero territorio che sta pagando un prezzo altissimo alla crisi dell’automotive. A soffrire non è solo l’indotto diretto, ma l’intero tessuto economico locale, messo a dura prova da una crisi che, al momento, non sembra conoscere una via d’uscita. A tracciare un bilancio durissimo è Gennaro D’Avino, segretario provinciale Uilm, che non usa mezzi termini nel definire l’anno appena trascorso.
«Il 2025 resterà negli annali come un anno nero per Stellantis e per l’intero indotto del territorio di Frosinone. I numeri parlano chiaro: produzioni ridotte, incertezze occupazionali, tensioni crescenti. Ma dietro quei numeri ci sono lavoratrici e lavoratori, famiglie, storie di vita. E noi non voltiamo lo sguardo. La mobilitazione guidata dalla Uilm nelle vertenze Teknoservice e Logitech lo ha dimostrato: quando i lavoratori sono uniti e il sindacato agisce con determinazione, i risultati arrivano. Abbiamo difeso posti di lavoro, diritti e dignità, senza ambiguità e senza arretramenti. Non possiamo però dimenticare quanto accaduto con l’appalto De Vizia. La sua internalizzazione ha prodotto una perdita secca di posti di lavoro. Non sono numeri: sono persone, famiglie che hanno pagato tutte le conseguenze di scelte irresponsabili, miopi e prive di qualsiasi attenzione alla sostenibilità sociale del territorio. Quella ferita è ancora aperta e rappresenta un monito chiaro: questa storia non deve ripetersi. Oggi più che mai quel modello di mobilitazione deve essere un riferimento. Guardando al 2026, l’obiettivo è chiaro: fermare la spirale negativa e aprire una fase nuova.
Il territorio non può più vivere di rinvii e promesse vuote. Servono scelte coraggiose, una vera visione industriale, un cambio di passo immediato da parte di chi governa il settore. La Uilm di Frosinone lancia un appello netto: è il tempo delle responsabilità. O si cambia, o si agisce. Non esistono scorciatoie. Il futuro si costruisce ora, con azioni concrete e impegni verificabili.
Saremo al fianco di ogni lavoratrice e di ogni lavoratore, come sempre. La lotta sindacale non è un’opzione: è una necessità vitale. È l’unico strumento capace di trasformare crisi e difficoltà in possibilità di rilancio. Il territorio non può più aspettare. Il 2026 deve essere l’anno della rinascita, della responsabilità e della speranza concreta». La Uilm di Frosinone c’è. E chiama tutti a fare la propria parte. Con determinazione. Senza alternative.nSulla stessa linea, ma con un focus più diretto sulla strategia industriale, l’intervento di Andrea Di Traglia, segretario Frosinone-Latina della Fiom-Cgil, che individua nel modello produttivo attuale il nodo centrale della crisi.
Di Traglia è netto: «Il 2025 è stato un anno critico, anzi il più critico. È chiaro che quando le giornate di stop superano quelle lavorate e si registra il record negativo di auto prodotte, questo ci dice quanto sia stato drammatico l’anno appena trascorso. È il peggiore di sempre da quando lo stabilimento ha aperto nel 1972. Ma il vero punto è un altro: noi abbiamo bisogno di più modelli. Abbiamo bisogno del mass market, perché non saranno certo la Grecale Folgore elettrica, nel suo aggiornamento che promette più autonomia, a sollevare i volumi produttivi, così come non sarà lo spostamento dello stop sull’endotermico da parte dell’Europa a salvare Cassino. Sono proprio i motori endotermici che oggi non vendono per quanto riguarda Cassino e Stellantis continua a perdere quote di mercato perché produce modelli che non incontrano la domanda. È qui che serve una svolta: abbiamo bisogno di più auto che saturino lo stabilimento, ma soprattutto del ritorno a una piattaforma di vetture mass market, accessibili a tutti e non solo a una clientela premium. Tutto questo, però, può avvenire solo se Stellantis si assumerà le proprie responsabilità, presentando un vero piano produttivo e un vero piano industriale, che ad oggi non esistono. Esiste soltanto un piano di annunci. Il “piano Urso” era per un milione di auto in Italia e invece chiudiamo sotto le 200.000 complessive. Per questo è urgente mettere in campo nuovi modelli che garantiscano occupazione e dignità alle lavoratrici e ai lavoratori, che stanno pagando il prezzo più alto di questa crisi».
A completare il quadro è l’analisi di Mirko Marsella, segretario provinciale Fim Cisl, che richiama l’attenzione su numeri ormai diventati simbolo di una crisi strutturale «Lo descrivono bene i numeri questo ulteriore anno negativo, nero, buio. A partire dai fermi produttivi con ammortizzatori sociali che hanno ormai superato le cento giornate, ai volumi produttivi al di sotto delle 15.000 unità. Lo descrive il numero degli operai rimasti: 2.200. Già questi tre indici fanno capire il momento drammatico che sta vivendo questo stabilimento. Naturalmente sono numeri da record negativo: ormai ogni anno battiamo record peggiori, con ripercussioni sull’indotto e, chiaramente, sull’economia dell’intero territorio. Non a caso, in questi ultimi anni, le percentuali di giovani costretti ad andare via dal Cassinate o, in generale, dalla provincia di Frosinone sono molto alte, e incide fortemente la situazione del settore automotive. Un’altra nota negativa è che il 2026 sarà simile al 2025 e ci ritroveremo a commentare ancora dati allarmanti. Almeno speriamo che, visto che l’Ad continua a ripetere che non chiuderà alcuno stabilimento, ci venga detto quale sarà il futuro di questo sito produttivo e quali modelli dovremo produrre nei prossimi anni».
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