Spazio satira
Frosinone
16.05.2025 - 10:00
La procura di Roma ha chiesto il giudizio immediato per gli accessi abusivi alle banche dati delle forze dell’ordine nell’ambito dell’inchiesta partita da Verbania. E, intanto, dopo gli Scaccia, torna libero anche il luogotenente dei carabinieri Carmine Casolaro, che ha lasciato i domiciliari. L’inchiesta dal Piemonte era finita, per competenza a Roma, essendo contestato l’accesso abusivo alle banche dati delle forze dell’ordine. Per chi indaga ci sarebbero oltre 19.000 accessi non autorizzati per i quali sono finiti nel mirino il luogotenente e gli avvocati Alfredo e Gabriele Scaccia. I reati ipotizzati dai pm di Verbania, che hanno indagato sulla vicenda partendo da un altro procedimento aperto sempre in Piemonte, sono quelli di accesso abusivo a un sistema informatico, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio.
La corruzione, secondo quanto ipotizzato dal pm piemontese Fabrizio Argentieri, il primo a occuparsi della vicenda, sarebbe consistita in utilità in denaro, non meglio precisate, consegnate al carabiniere, all’epoca dei fati in servizio alla stazione di Frosinone. L’ipotesi formulata dagli investigatori delle Fiamme gialle è che dietro gli accessi abusivi si nasconderebbe il disegno di ottenere informazioni riservate sullo stato di alcuni procedimenti penali e di far sapere agli interessati che erano indagati, uno strumento - per chi indaga - per intimidire le controparti. In base alle accuse i legali avrebbero cercato informazioni sulle iscrizioni di procedimenti, su chi fosse il magistrato titolare del fascicolo e spinto perché le persone querelate fossero subito avvisate, venendo così, a loro volta, a conoscenza del procedimento penale. Informazioni che - secondo l’accusa - il carabiniere non sarebbe stato legittimato a fornire e che gli avvocati non avrebbero dovuto conoscere, almeno fino a quel momento delle indagini. Ma l’attenzione degli investigatori di Verbania si è spostata oltre che sull’anomalia di certe pratiche pure sull’elevato numero di consultazioni effettuate sulla bancadati in uso alle forze dell’ordine.
L’accusa fonda le sue ipotesi sulle intercettazioni, e sull’utilizzo di un linguaggio cifrato (ricorrente la parola caffè) e su un sequestro di 10.000 euro, effettuato nell’ufficio del luogotenente. Questi come i due legali si sono sempre difesi sostenendo che i soldi di cui si parla nelle telefonate intercettate sono relativi alle scommesse su eventi sportivi, mentre gli accessi al sistema informatico delle forze dell’ordine sarebbero avvenuti legittimamente per motivi squisitamente professionali. Intanto, su istanza dell’avvocato Nicola Ottaviani, difensore di Casolaro, il gip di Roma ha rimesso in libertà il luogotenente. Stessa cosa era successa, in precedenza, anche per gli avvocati Scaccia (Alfredo si era fatto interrogare dal gip di Roma per rigettare le accuse), che sono difesi dall’avvocato Marco Cianfrocca. Anch’essi infatti hanno potuto lasciare i domiciliari. Ora si attende la decisione del gip. Una volta dato il consenso il giudizio immediato, il processo si celebrerà a Frosinone, che sarà, pertanto, il terzo ufficio giudiziario ad occuparsi della vicenda.
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