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Cassino

Stellantis, nuova ondata di fermi

Nessun rientro il 24, i motori saranno spenti ancora a lungo: il montaggio riprenderà le attività il 10 marzo. La mancanza di ordini prolunga la chiusura della fabbrica. Di Traglia (Fiom-Cgil): la crisi la stanno pagando i lavoratori

Stellantis, nuova ondata di fermi

L’ingresso due della fabbrica cassinate

Un futuro sempre più cupo quello che si staglia all’orizzonte degli operai Stellantis. Gravosi i colpi inferti dal mercato per i modelli premium prodotti a Cassino Plant e l’unica soluzione ricorrente è quella di tenere i cancelli chiusi. Vacanze forzate che raccontano lo stallo dello stabilimento in viale Umberto Agnelli che ha fatto la fortuna di un territorio a partire dal 1972 con la mitica Fiat 126 come auto d’esordio.
Nessun rientro il 24 febbraio ma, come ampiamente anticipato dai sindacati, i motori saranno spenti ancora a lungo. Ieri, infatti, la dirigenza interna di Stellantis ha comunicato un ulteriore fermata produttiva fino al 7 marzo per montaggio e collegati. Le normali attività riprenderanno lunedì 10.
La lastratura e la verniciatura riprenderanno a regime ridotto dal giorno 4 per poi riprendere la marcia in maniera stabile lo stesso lunedì 10.

Nei primi due mesi del 2025 sono appena tredici i giorni di lavoro per l’immenso stabilimento che si estende su due milioni di metri quadrati. Silente e improduttivo per mancanza di commesse per altre settimane, insomma, costringendo lo stesso indotto ad altrettanti giorni di immobilismo. E al ricorso continuo ad ammortizzatori sociali per sopravvivere. Colpo durissimo anche per il territorio: il lavoro a singhiozzo si ripercuote sulle buste paga e, dunque, sul potere d’acquisto.

«Il blocco è purtroppo la triste conferma della situazione che abbiamo descritto da tempo», ha commentato ieri il segretario Frosinone-Latina Fiom-Cigl Andrea Di Traglia. Che continua sottolineando che c’è «un mercato che ha sempre penalizzato il segmento che produciamo», un quadro che «si inserisce anche nello stato avanzato a cui adesso è arrivato il settore dell’automotive: questa è la diretta conseguenza dei mancati investimenti perché, torniamo a ripetere, sono l’unica via per uscire dalla deserticazione che c’è e che sta avvenendo in tutti i territori, sia a livello nazionale che europeo. Torno a dire che è importante anche il sostegno al reddito perché in Italia abbiamo gli stipendi più bassi di Europa».
E sulla situazione locale ribadisce: «Noi abbiamo anche la fortuna di avere una piattaforma modulare che potrebbe ospitare anche modelli diversificati e di diversi segmenti, anche più piccoli. Con questo quadro e con i mancati investimenti, la crisi purtroppo la stanno pagando e la pagheranno sempre e solo i lavoratori».

Il 2025, dunque, sembra imitare in tutto e per tutto il 2024, uno dei peggiori della storia dello stabilimento. La produzione si è fermata a quota 26.850 determinando una flessione negativa del 45% rispetto al 2023: dati simili non si erano mai visti nella più grande fabbrica laziale. Nel 2017 la produzione riuscì a quintuplicare quella dell’anno appena trascorso con 2.000 dipendenti in più. Nella seconda parte dello scorso anno sono stati coinvolti in cds anche i circa 560 lavoratori dei reparti presse-plastica, andando a coprire tutto lo stabilimento che continua a viaggiare sul turno unico. L’arrivo dello Stelvio elettrico a settembre 2025 non riuscirà a risollevare le sorti di un motore che non svetta sul mercato. Solo la soluzione ibrida annunciata al tavolo ministeriale del 17 dicembre potrebbe ridare speranze a un mondo operaio immerso in una crisi profonda.

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