Cerca

L'inchiesta

Ucciso da una sola coltellata

I risultati dell’esame sul corpo di Kelvin Mene: colpito al fianco destro. Ma soffriva di una grave patologia. Secondo il medico legale due ipotesi possibili: l’aggressione o un gesto di autolesionismo. Indagano i carabinieri

carabinieri nigeriano

I carabinieri del Ris e della compagnia di Frosinone durante l’incidente probatorio all’interno dell’immobile dove si presume che Kelvin Mene sia stato accoltellato

Il nigeriano Kelvin Mene è stato ucciso da un’unica ferita all’addome che ha determinato un’insufficienza multiorgano dovuta a un quadro clinico compromesso da disturbi epatici. In estrema sintesi sono i risultati dell’esame autoptico al quale il ventottenne, trovato a terra ferito con una coltellata in via Ferrarelli lo scorso 6 ottobre e deceduto 12 giorni dopo all’ospedale Spaziani. Secondo il medico legale, incaricato dal pm Beatrice Neroni, il dottor Vincenzo Caruso non sono ravvisabili responsabilità dei medici che hanno avuto in cura il nigeriano. Quanto alla ricostruzione della scena, secondo il medico legale, escluso l’evento accidentale, residuano due sole ipotesi: un’azione da parte di terzi o un gesto da autolesionismo. Peraltro, è emerso che al momento del ferimento Mene aveva un tasso alcolemico elevato di 2,7, il che potrebbe aver compromesso le capacità di difesa.

La lesione mortale ha raggiunto Mene al fianco destro ed è penetrata per una decina di centimetri. Ma nonostante i ripetuti interventi chirurgici (per ridurre l’emorragia) al quale è stato sottoposto all’ospedale di Frosinone, il ferito è deceduto anche a causa dell’alterazione delle funzioni epatiche. Da lì i carabinieri della compagnia di Frosinone hanno aperto un’indagine per omicidio. E hanno indagato due connazionali del morto, la fidanzata, per qualche tempo resasi irreperibile, e la donna che ospitava Mane in casa, difesi dagli avvocati Pierluigi Taglienti, Paola Fedele e Alfredo Frasca. Proprio in quell’immobile, secondo la ricostruzione della procura, potrebbe essere avvenuto il fermento e oggetto anche di un incidente probatorio con i carabinieri del Ris alla ricerca di tracce ematiche e del Dna del possibile aggressore.

Lo scorso marzo, davanti al gip Antonello Bracaglia Morante, è stato sentito il perito incaricato dell’esame del cellulare della fidanzata della vittima. L’attenzione era andata su una serie di conversazioni e chat tra l’indagata e Mene, ma non solo. Al setaccio tutta la memoria, ma soprattutto le attività compiute al telefono nei giorni precedenti e successivi al ferimento e poi al decesso. Prima ancora erano stati effettuati accertamenti sugli abiti della vittima e delle indagate, sempre alla ricerca di tracce per poter ricostruire l’accaduto. Mene, infatti, era stato trovato in strada, ferito, da alcuni passanti che hanno attivato i soccorsi.

Ma anche una delle indagate ha dichiarato di aver chiesto l’intervento dell’ambulanza. Sempre in occasione dell’incidente probatorio il gip aveva sentito pure il maggiore del Ris Cesare Rapone che ha effettuato i rilievi all’interno dell’appartamento di via Ferrarelli dove si presume che l’uomo sia stato colpito. Nell’appartamento sono state rinvenute tracce di sangue sulla moquette, sugli indumenti della vittima e della fidanzata. Possibile pure che una maglia sia stata usata per tamponare la ferita. Rinvenute a terra, sempre in casa, tracce biologiche miste, dell’uomo e di una delle ragazze. Va aggiunto che molti di questi atti, dai sequestri degli abiti a quelli dei telefonini e dello stesso appartamento, sono stati impugnati dai difensori delle indagate al Riesame, che ha rigettato i ricorsi, e anche in Cassazione.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione