Spazio satira
Cassino
11.04.2024 - 09:06
L'ospedale "Santa Scolastica" di Cassino
Un mese di ricovero al Santa Scolastica poi all’improvviso l’inatteso decesso e l’apertura delle indagini per far luce sulla morte di Maria Rosaria Capomacchia, venuta a mancare all’età di 75 anni a marzo del 2021. La pensionata originaria di Sessa Aurunca ma residente a Cassino era risultata positiva al Covid e per questo ricoverata nel nosocomio cittadino: una lunga degenza, con momenti anche di leggero miglioramento. Invece la situazione nel marzo di 3 anni fa è precipitata lasciando nello sconforto i familiari, che chiesero che fosse fatta luce sulle cause del decesso. Sette i professionisti del nosocomio cassinate - tra medici e personale sanitario - finiti nel registro degli indagati per consentire loro di prendere parte agli esami irripetibili, gli unici in grado di offrire un quadro più chiaro. Dopo una prima richiesta di archiviazione, le parti civili hanno proposto opposizione.
Il giudice per le indagini preliminari Alessandra Casinelli ieri ha chiuso il caso prosciogliendo i sette professionisti rappresentati dagli avvocati Vittorio e Sandro Salera, Paolo Marandola, Carlo Beneduci, Andrea Pagliarella, Rossella Di Nardi e Carlo Risi. Secondo il Gip le condotte degli indagati non possono «ritenersi causalmente connesse al decesso della paziente che appare legato in via esclusiva alla malattia da Covid 19 correttamente trattata dal personale medico». Secondo la ricostruzione operata dal consulente della procura lo scompenso cardiaco registrato «si porrebbe come ultimo inevitabile tassello di una sequenza causale innestata dall’infezione da Covid non rispondente ai trattamenti sanitari effettuati secondo il rispetto delle linee guida e con la diligenza richiesta dal caso concreto» .
Le indagini istologiche condotte post mortem, continua il gip - i cui esiti non sono stati contestati dagli opponenti - confortano la tesi del consulente della procura. «Ciò impone di escludere possibili condotte umane sia attive che missive in grado in qualche modo di aver concorso a determinare l’evento infausto» conclude il giudice.
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