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La sentenza

Muore in ospedale per un germe contratto in corsia. Maxi risarcimento

Dopo dieci anni e un lungo iter in tribunale arriva la sentenza. Gli eredi avranno circa 350.000 euro

Muore per una infezione contratta in ospedale a 64 anni. Il risarcimento per gli eredi arriva dopo 10 anni e una lunga battaglia giudiziaria. La storia arriva dal Cassinate dove una donna, dopo aver scoperto un carcinoma ovarico, viene ricoverata all'Umberto I di Roma dove subisce nel 2013 diversi interventi, tra i cicli di chemio obbligatoria. Interventi andati a buon fine, ma la donna nella degenza contrae una grave infezione nosocomiale dovuta ad un germe letale non diagnosticato in tempo: la Klebsiella.

«Nel maggio del 2013 l'infezione causava una sepsi che portava alla morte della donna» spiegano i legali. La famiglia si è rivolta allo studio legale Di Murro Perrozzi di Roccasecca - specializzati in materia di responsabilità sanitaria - per accertare la verità. Iniziava così un lungo iter giudiziario presso il Tribunale di Roma. Il giudice Vacca, nel corso della causa, disponeva ben due consulenze tecniche. Nel frattempo anche diversi rappresentanti del Movimento 5 Stelle - tra cui Alessandro Di Battista - sostenevano una interpellanza parlamentare per chiedere conto delle tante morti per infezioni nella stessa struttura, compresa quella della degente cassinate.

La perizia finale e definitiva accertava la responsabilità del Policlinico Umberto I: la morte sarebbe dipesa «dall'instaurarsi di una infezione da germi nosocomiali che hanno condotto all'exitus». Il giudice Vacca scrive nella sentenza che «nel caso in esame non vi è dubbio che la causa del decesso sia ascrivibile alla sepsi a fronte di una situazione di grave deterioramento organico. L'infezione nosocomiale, una inadeguata sorveglianza e una tardiva terapia delle infezioni hanno reso la donna più vulnerabile innescando una sequenza letale che ha determinato il decesso». Agli eredi andrà un risarcimento danni per circa 350.000 euro.

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