Due fidanzati che si lasciavano e poi si rimettevano insieme, una relazione vissuta anche a distanza e condizionata dalle sofferenze fisiche di Pietro Ialongo, 38 anni, per un vecchio incidente stradale.
È quanto emerso, davanti alla Corte d'assise di Frosinone nel processo per l'omicidio di Romina De Cesare, la ragazza di 36 anni, di Cerro al Volturno uccisa a coltellate il 2 maggio 2022 nell'appartamento di via del Plebiscito che condivideva con Pietro Ialongo, imputato di omicidio volontario.

In aula, davanti alla corte presieduta dal giudice Francesca Proietti, e al pm Vittorio Misiti, sono stati sentiti cinque testi della difesa, chiamati dagli avvocati Vincenzo Mercolino e Riccardo Di Vizio. Lo zio ha parlato di un «rapporto normalissimo tra Pietro e Romina. Venivano spesso a casa. Pietro non è mai stato violento. Un pezzo di pane. Sempre disponibile». Tuttavia, ha aggiunto lo zio «da quando ha fatto l'incidente è cambiato di fisico e moralmente». Ha poi raccontato che, per un periodo, Pietro si era trasferito qualche mese a casa sua: «Purtroppo non accettava la sua condizione fisica. L'ho accompagnato per una visita al Rizzoli di Bologna. Quando gli è stato detto che nemmeno con un'operazione poteva migliorare, ha detto che l'avrebbe fatta finita».

Il presidente della corte ha chiesto chiarimenti sull'incidente e il teste ha riferito che avvenne quando Pietro aveva 16 anni e che fu costretto a una lunga riabilitazione. Ha poi aggiunto che «a Pietro non piaceva stare a Parigi. Un rapporto a distanza può dare problemi. Ma sentendoli, sembravano fatti l'uno per l'altra».
La cugina, invece, ha deposto sul periodo in cui la coppia ha vissuto a Pesaro. «Uscivamo insieme sembrava tutto normale - ha detto - Era meglio se restava a fare il magazziniere. Poi nel 2021 sono tornati a Isernia, quando sono andata a trovarlo abbiamo litigato e interrotto i rapporti. Quando ci siamo visti l'ultima volta stava male. Gli ho detto "hai una invalidità, fattela riconoscere che almeno puoi fare un lavoro leggero". E lui: "devo fare un lavoro dinamico. Non la pensi come me. Tutti dobbiamo pensarla come me". E gli ho detto allora fatti curare. E abbiamo litigato».

È stato sentito il fisiatra che ha visitato l'imputato in carcere: «Ha un dolore cronico quasi quotidiano. Certamente non può sollevare pesi».
Il medico curante ha riferito di una telefonata di Pietro proprio il 2 maggio 22 alle 14.56: «Sono un po' agitato disse, mi può prescrivere valium. Poi è venuta la mamma e allora l'ho chiamato. Pietro ha detto: "Mi ha lasciato la ragazza" e allora gli ho prescritto un farmaco».

Alle domande della parte civile, avvocati Danilo Leva e Fiore Di Ciuccio per la famiglia De Cesare, il dottore ha aggiunto di non avergli mai prescritto psicofarmaci.
Il precedente medico curante, invece, ha spiegato: «Soffriva di ansia, un po' di depressione e di dolori. E gli ho prescritto i farmaci per questi problemi, un ansiolitico e antidepressivi nel 2016/17. Ma dopo non glieli ho più prescritti, forse non li ha presi o non li ha voluti». Alle domande della difesa ha aggiunto: «Gli antidepressivi se non li prendi, poi stai peggio di prima. Il farmaco che gli ho prescritto, non solo come antidepressivo, è molto efficace per le crisi ansiose. Avrà fatto un mese di terapia».