Chiusa l'indagine sul gruppo neonazista. In dodici rischiano il processo, tra cui il frusinate P.V. Un gruppo stabilmente dedito alla pubblicazione sui social network di scritti, video e immagini dal contenuto razzista e discriminatorio, di ispirazione nazionalsocialista, antisemita e negazionista, vicino a tesi complottiste nei confronti del popolo ebraico.
Così il giudice aveva definito nell'ordinanza, le dodici persone finite nell'indagine del Ros e della procura di Roma, due anni fa.
P.V., cinquantaquattrenne di Frosinone, è indagato insieme ad altre undici persone di diverse regioni d'Italia, di associazione finalizzata alla propaganda e all'istigazione per motivi di discriminazione etnica e religiosa.
Le accuse
Il gruppo, stando alle accuse, appartenente a "Ordine ario romano", secondo l'inchiesta della procura di Roma, attraverso vari canali, tentava anche di pianificare azioni contro una struttura della Nato in Italia. Collegato a "Ordine ario romano" c'era poi il gruppo whatsapp chiamato "Judenfreie Liga (Oar)" dal quale gli indagati istigavano a compiere azioni violente contro ebrei ed extracomunitari.
L'organizzazione, dicono gli investigatori, aveva appena iniziato a pianificare anche un'azione contro una struttura della Nato.
Il gruppo, stando alle accuse, era stabilmente dedito alla pubblicazione sui social network di scritti, video e immagini dal contenuto razzista e discriminatorio, di ispirazione nazionalsocialista, antisemita e negazionista, vicino a tesi complottiste nei confronti del popolo ebraico.
A loro firma, sempre stando alle accuse, anche invettive contro i migranti, con messaggi come «affondare tutte le navi ong nel Mediterraneo e abbattere tutte le chiese, sinagoghe e moschee sarebbe la soluzione di parte dei nostri problemi».
P.V., durante l'interrogatorio, aveva negato ogni vincolo associativo e di non conoscere le persone indagate, ammettendo di aver sentito soltanto due volte telefonicamente un quarantenne di Cagliari che, secondo le accuse, sarebbe il capo del gruppo. Il frusinate avrebbe avuto contatti con lui, ha precisato, ma non per motivi legati alle accuse contestate.
Ora, come detto, rischio il processo insieme ad altre undici persone.