Italgasbeton: dopo i mancati risarcimenti e la chiusura, il processo per gravi reati ambientali. Ieri mattina si è tenuta al Tribunale di Frosinone l'udienza a carico dell'azienda anagnina che fu teatro della tragedia che nel luglio del 2007 costò la vita al quarantunenne Claudio Brillanti, il padre di famiglia rimasto vittima dell'esplosione di un grosso silos all'interno dello stabilimento di via Paduni Selciatella.
Il manager dell'azienda deve rispondere dei reati di discarica, emissioni diffuse di polveri industriali in atmosfera, abbandono di rifiuti pericolosi. L'accusa è di aver creato una piccola collina di rifiuti nel piazzale di circa 5.000 metri quadrati, estesa poi ad alcuni terreni attigui della superficie di circa 20.000 metri quadrati. La proprietà dell'azienda si è difesa adducendo che non si sarebbe trattato di rifiuti né tantomeno di scarti pericolosi, ma che il materiale era stato scaricato per creare un piazzale.
La prossima udienza del processo è in programma nel mese di gennaio 2024, per sviscerare ed esaminare i risultati delle analisi effettuate dai tecnici di laboratorio sui reperti e i materiali prelevati dall'Arpa su richiesta del Corpo forestale dello Stato. Saranno sentiti anche i consulenti di parte. La storia riguardante la Italgasbeton è ricca di episodi significativi, culminati nella chiusura dello stabilimento che produceva blocchi leggeri da costruzione in materiale espanso, su licenza e copyright dello stesso proprietario dell'azienda. Dopo il tragico incidente del 2007, tra l'azienda e la compagnia assicuratrice del rischio c'è stato un continuo braccio di ferro contrassegnato da botta e risposta, accordi transattivi non onorati, e ricorso alla carta bollata.
Sindacati e mondo politico, sensibilizzati dalla stessa proprietà aziendale, dai lavoratori e dai loro rappresentanti, hanno cercato di sollecitare il risarcimento da parte della compagnia assicuratrice, essenziale per la copertura degli enormi costi (circa otto milioni di euro) da sopportare per la sostituzione dell'autoclave e la sistemazione degli impianti. Nel frattempo, però, sia i carabinieri che i loro colleghi forestali hanno effettuato controlli sullo stabilimento, arrivando anche a sequestrare le aree ritenute inquinate.
Sotto accusa l'ingente quantitativo di rifiuti, non solo da scarti dei blocchi ma anche di vario genere, con la rilevazione di violazioni dell'articolo 256 della legge 152/2006 per aver realizzato nel tempo una discarica di rifiuti di varie tipologie anche pericolose, dell'articolo 113 comma 3 del decreto legislativo 152/2006 per l'omessa depurazione delle acque di prima pioggia, dell'articolo 269 comma 1 per aver immesso nell'atmosfera ingenti quantitativi di emissioni diffuse di polveri derivanti dal ciclo produttivo.