Spazio satira
Lo scontro
11.07.2023 - 20:30
Il ministero dell'Istruzione chiamato in causa dai docenti abilitati all'estero
«Spetta al ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l'esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all'insegnamento in Italia, salva l'adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell'art. 14 della Direttiva 2005/36/CE».
Sulla base di questo principio formulato dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, il massimo organo di giustizia amministrativa ha respinto in serie vari ricorsi del ministero dell'Istruzione contro insegnanti che hanno ottenuto l'abilitazione in Romania o in altri Paesi stranieri.
Eppure molti di questi insegnanti (in Italia sono 13.000) si trovano ancora a combattere per vedere riconosciuto questo principio. Al punto che, in queste settimane, è partita una nuova mobilitazione da parte di un gruppo di insegnanti che fa capo al movimento Ase, abilitati e specializzati in Europa con tanto di volantinaggio davanti ai ministeri. Alcuni di questi docenti provengono dalla provincia di Frosinone e, negli anni, hanno presentato ricorsi ai tribunali amministrativi.
Gli insegnanti dell'Ase si appellano al nuovo governo per contestare l'ordinanza ministeriale numero 112 del 6 maggio 2022. «L'ordinanza, volta a regolare le procedure di aggiornamento delle graduatorie provinciali e di istituto per il personale docente ed educativo, contiene all'articolo 7, c. 4, lettera "e" - scrivono nell'appello ai parlamentari - una disposizione gravemente illegittima. Questa disposizione impedisce il diritto all'insegnamento a coloro che si sono abilitati su materia e/o specializzati sul sostegno nell'Unione Europea e sono in attesa del riconoscimento, anche dove sia decorso il tempo che la legge attribuisce al ministero dell'Istruzione per provvedere, laddove dispone: "L'inserimento con riserva non dà titolo all'individuazione in qualità di avente titolo alla stipula di contratto"».
Tale comma, secondo gli insegnanti, era stato criticato anche dal Consiglio superiore della Pubblica istruzione in quanto rischiava di incrementare «il numero dei contenziosi» su questa materia. Tanto che i docenti sostengono che «la disposizione è del tutto illegittima nella misura in cui calpesta il diritto all'accesso parziale (lavorare con riserva) che è invece tutelato dalla Direttiva Europea n. 36/2005 e dal decreto legislativo n. 206/2007 attuativo, corollario dell'espressione della libertà di circolazione, previsto dall'art. 45 del Trattato fondativo dell'Unione Europea. Il diritto all'accesso parziale garantisce la possibilità di esercitare la professione in attesa che le autorità competenti esplichino l'iter di valutazione. L'istituto giuridico dell'accesso parziale garantito dalla normativa europea è stato, inoltre, confermato più volte anche dalla Corte di Giustizia europea».
In pratica, i docenti con riserva di riconoscimento del titolo contestano il posizionamento in coda alle graduatorie per le supplenze con il risultato di vedersi azzerare «totalmente i punteggi di titoli e servizi» e inibito «l'immissione in ruolo». Tali disposizioni, secondo i docenti, sono anche incostituzionali il che li costringe a intraprendere dispendiosi contenziosi davanti ai giudici amministrativi.
Tra le richieste avanzate c'è un intervento a correggere l'ordinanza ministeriale dove vieta la stipula dei contratti a chi è in attesa di riconoscimento, l'inserimento in graduatoria in prima fascia e procedure di riconoscimento dei titoli nei tempi di legge (120 giorni).
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