«Si poteva fare altro oltre all'abbattimento dell'albero?» hanno chiesto gli avvocati in aula. «No, una volta che raggiungono la maturità devono essere sostituiti, l'alleggerimento della chioma non basta»: queste le parole del colonnello Giuseppe Lopez ascoltato ieri nella seconda udienza del processo del "pino killer". Processo nato dopo la morte, cinque anni fa, di Rudj Colantonio e Antonio Russo, schiacciati da un pino sulla Casilina, in territorio di Castrocielo. A bordo della Smart bianca colpita durante una tempesta da un grosso pino c'erano i due ragazzi: inutili i soccorsi. Sei i soggetti - due rappresentanti della società Astral che aveva in gestione le strade regionali e due privati che espletavano il servizio di manutenzione insieme ad altri due responsabili ed ex responsabili del Comune di Castrocielo (uno dei quali è l'ex sindaco Materiale) - che sono finiti a processo. Che si è aperto, dopo lunghi rinvii, a giugno.
Nella complessa udienza di ieri mattina il colonnello Lopez, all'epoca dei fatti comandante provinciale dei carabinieri forestali di Frosinone, è stato ascoltato in merito agli accertamenti condotti dopo la tragedia.

«Ho visto gli alberi solo da Google maps, sono arrivato al comando dopo i fatti. Ma potremmo fare una analogia con le altre piante» ha precisato. Sottolineando come una volta raggiunta la maturità le piante «devono solo essere abbattute». Eccezioni a raffica sulla tipologia di domande poste al colonnello. Focus, come pure nella scorsa udienza, sulla posizione del "pino killer" che secondo la testimonianza del luogotenente Parrillo (ascoltato nella precedente udienza) si sarebbe trovato su un terreno privato. «L'albero era proprio sul confine, a ridosso della strada.

A tre metri dalla strada, stava sul verde» ha continuato il colonnello Lopez, che ha poi precisato di aver eseguito verifiche documentali ma non dirette sul posto. «Notammo che fosse incongruente il numero delle piante da trattare, un errore sul numero da sottoporre a valutazione. Infatti venne ridotto il tratto da analizzare dopo aver ascoltato un agronomo e Astral». Tante, tantissime le domande poste al colonnello per cercare di individuare la competenza per l'abbattimento del "pino killer". Persino gli incarichi precedenti a un agronomo (quelli del 2016) per una perizia che accertasse i problemi legati al sollevamento del manto stradale da parte delle radici sono stati passati al luminol.

Poi è stato ascoltato l'agronomo Giuseppe Cardiello, che ha confermato che l'albero «era malato» e doveva essere abbattuto. Anche se lo stato di ammaloramento non sarebbe stato visibile a occhio nudo. Cardiello ha ripercorso la sua consulenza già agli atti: si sarebbe trattato di alberi di circa 70 anni e quello "killer" ne aveva almeno 75 anni. Inoltre pare fossero ammalorati anche per lo strozzamento delle radici. Questioni tecniche ma importanti per stabilire la responsabilità. Le difese - gli avvocati Picano, Scacchi, Sandro e Vittorio Salera, Marandola, De Vivo, Casinelli, Di Mascio, Fantaccione, Giannichedda e De Siena - sono pronte a tornare in aula il prossimo 27 novembre.