«Basta con le prese in giro, siamo pronti a scendere in piazza». Anzi, a tornarci. È lo sfogo degli ex lavoratori Videocolor i quali, costretti a pregare e peregrinare per ottenere il sussidio periodicamente concesso dal governo, si ritengono mortificati dall'atteggiamento delle istituzioni e, soprattutto, della politica, di ogni colore.
Col raggiungimento dell'età della pensione per alcuni e per la immatura dipartita per altri, i dipendenti del già colosso della televisione ancora in mobilità sono oltre quattrocento, con altrettante famiglie da campare ed alle quali dover dimostrare di non essere lavativi né profittatori.
Col metodo della serva, i conti risultato facili e comprensibili: lo Stato sborsa circa sei milioni l'anno, quasi sempre molto in ritardo, per sostenere le famiglie degli ex dipendenti in mobilità. Una cifra non dissimile da quella necessaria a garantire il prepensionamento, evitando in tal modo una serie di spese accessorie tanto inutili quanto talvolta ridicole. Come non storcere il naso, infatti, ricordando che per ottenere il sussidio gli oltre quattrocento tecnici di alto livello sono stati costretti a seguire corsi di formazione per specializzarsi da pizzaioli ad imbianchini, da parrucchieri ad esperti di rifacimento delle unghie?
E pensare che politici con ruoli importanti si erano spesi a favore del loro prepensionamento, legittimando e sostenendo le istanze dei padri di famiglia evitando di farne un mezzo di contrapposizione politica. A cominciare da Gianmarco Centinaio, onorevole e ministro della Lega, per arrivare a Maria Spilabotte, senatrice del Partito democratico; dall'onorevole Massimo Ruspandini di Fratelli d'Italia all'onorevole Francesca Gerardi della Lega. Per non parlare del ministro e sottosegretario, sempre della Lega, Claudio Durigon, che per un periodo ha ricoperto incarichi legati proprio al lavoro.
Per evitare di essere tacciati di favoritismo, il meccanismo da seguire era collegato alle norme che favoriscono il pensionamento anticipato per chi abbia lavorato a contatto con l'amianto. E in tal senso il Parlamento aveva votato a favore di uno specifico ordine del giorno, seguito però dal nulla. In ogni parte d'Italia certe iniziative vanno a buon fine senza attendere tempi biblici, nel nostro territorio, invece, non funziona così. E intanto si preparano azioni eclatanti.