La difesa dei Bianchi insiste sul condizionamento mediatico al processo d'appello per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte. Ma la procura generale, a sua volta, ribadisce l'impostazione dei pm di Velletri e chiede la conferma delle condanne.
Va verso le battute finali il processo davanti alla Corte d'assise d'appello di Roma: il 12 luglio, dopo le repliche del pm Brando e delle parti civili, è attesa la sentenza carico dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, condannati in primo grado all'ergastolo, e dei loro amici di Artena Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, condannati, sempre dalla Corte d'assise di Frosinone, a 23 e 21 anni. Sono sotto accusa per la morte del cuoco di Paliano, avvenuta a seguito della violenta aggressione subita a Colleferro nella zona della movida nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020. La famiglia di Willy, che ha chiesto la conferma delle condanne di Frosinone, è rappresentata dagli avvocati Domenico Marzi e Vincenzo Galassi.
L'udienza di ieri è stata dedicata all'intervento dell'avvocato Ippolita Naso che difende Gabriele Bianchi. «Si è parlato di "processo ai fratelli Bianchi" - afferma - un processo al loro modo di essere, tanta è stata l'attenzione posta al loro passato, ai loro hobby, al loro aspetto fisico, alle foto a torso nudo, cose che hanno condizionato il giudizio di tutti». Per il legale, invece, ciò che conta «è la verità processuale del fatto» solo dopo «entra in gioco l'imputato con il suo vissuto e i suoi trascorsi».
Secondo l'avvocato Naso, dunque, l'attenzione sui "gemelli" di Artena è risultata "parossistica": «In primo grado invece si pretendeva una pena esemplare e una condanna diversa dall'ergastolo avrebbe suscitato polemiche».
Quindi l'esortazione alla Corte: «Chiedo dunque che si attenga in maniera asettica e oggettiva ai fatti, come un chirurgo in sala operatoria. Le parti civili hanno chiesto a più riprese una sentenza esemplare: non credo che una Corte debba emanare sentenze esemplari ma sentenze legittime che rispettino i principi del diritto».
La conclusione cui giunge la difesa di Gabriele Bianchi è che non sia configurabile l'omicidio volontario, seppur con il dolo eventuale, tutt'al più l'omicidio preterintenzionale. Anche se la prima richiesta è sempre di assoluzione. «Il fattore temporale diventa fondamentale per la qualificazione giuridica del fatto», evidenzia il difensore che parla di «un'azione d'impeto».
Così contesta il colpo letale sferrato con un violento calcio al petto di Willy, secondo la ricostruzione accusatoria. Dice ancora l'avvocato Naso: «La sentenza di primo grado attribuisce il primo calcio a Gabriele Bianchi e parla di un colpo potenzialmente letale vietato anche dalle arti marziali». Da qui la polemica con il consulente della procura esperto di arti marziali: «È stato detto che i colpi al petto sono vietati nelle arti marziali e che per questo Gabriele Bianchi avrebbe accettato il rischio di uccidere. Ma c'è un errore, non è vero che le arti marziali vietano colpi al petto che invece rientrano tra colpi consentiti. Così come i calci nella Mma».
Quindi, il procuratore generale è nuovamente intervenuto per ribadire l'impostazione seguita dalla procura di Velletri e poi dalla Corte d'assise di Frosinone, chiedendo la conferma delle condanne per omicidio volontario.