Un botta e risposta a distanza. Gabriele Bianchi, nel corso del processo in Corte d'assise d'appello per l'omicidio di Willy Monteiro Durate per il quale in primo grado è stato condannato all'ergastolo insieme al fratello Marco, mentre gli amici Francesco Belleggia e Mario Pincarelli hanno avuto 23 e 21 anni, ha reso spontanee dichiarazioni. Ha parlato di verità, di giustizia, di dolore e ha detto di aver chiesto scusa. Ma, al termine dell'udienza, davanti ai cronisti Maria Lucia, la mamma di Willy lo invita a farsi un esame di coscienza e dire «ho sbagliato. O, più semplicemente, «non ho saputo controllare rabbia».
La mamma del cuoco di Paliano non accetta l'«io non ho fatto niente a Willy. È un colpo all'anima sua». In base a quanto detto dalla mamma, sempre molto schiva e restia a parlare, che non si è persa un'udienza del processo per l'assassinio del figlio, «Willy non è morto per salvare un amico come è stato detto. Ma è morto per la strada sbagliata, piena di violenza che hanno fatto questi ragazzi». Quindi conclude: «Mi sento in dovere, come mamma, di dire che là fuori ci sono tanti ragazzi che fanno questa vita, e ci sono tante mamme e papà, come me e Armando, che piangono per aver perso un figlio.
Prima di arrivare a dire scusa, bisogna fare un esame di coscienza. Willy non è morto perchè ha sbattuto la testa. Qualcuno lo ha picchiato. Spero che questi giovani si rendano conto di aver detto cose sbagliate altrimenti escono da questa'aula e fanno lo stesso. Willy riposerà in pace solo se non faranno male ad altri».
In precedenza Gabriele si è difeso sulla falsariga di quanto aveva già dichiarato a novembre del 2021 davanti alla Corte d'assise di Frosinone («hanno creato dei mostri» disse rivolto a chi lo accusava) quando negò di aver colpito Willy e scaricò le responsabilità sugli altri due ragazzi di Artena. «Non è facile parlare di un ragazzo che non c'è più», dichiara ora Gabriele. Per poi aggiungere: «Non è vero che non ho mai parlato del dolere della famiglia. Mi sono inginocchiato e ho chiesto scusa. Ma so che non è abbastanza. Sento dentro di me un peso per quello che è successo. Non sono un assassino, non sono un uomo senz'anima.
Non ho colpito Willy e so che voi lo accerterete. Io dovrò rispondere solo per ciò che ho fatto e forse anche per essere andato lì» dopo le insistenti telefonate ricevute dagli amici che sollecitavano lui e il fratello a tornare nella zona dei locali di Colleferro, quella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020, dove, nel frattempo, si era accesa una discussione. «Mi hanno dato l'ergastolo perché dicono che ho colpito. Non è vero. Non sono un pazzo omicida. Siamo andati perchè chiamati e richiamati. Ma è stato un errore». E poi afferma di aver rivisto quegli attimi, in carcere, e di aver capito il dolore della famiglia Monteiro Duarte. «Ora che sono padre anche io so cosa significa» quindi finisce sostenendo che «senza verità non c'è giustizia».
Dato poi il protrarsi dell'udienza con l'intervento dell'avvocato Valerio Spigarelli (che ha chiesto la rinnovazione del dibattimento per ascoltare nuovamente alcuni testi), durato oltre cinque ore, la Corte d'assise d'appello ha stabilito un'altra udienza che si aggiunge a quella del 23 giugno, il 12 luglio quando è attesa la sentenza.