Inadeguata gestione dei reclami dei consumatori, mancato riconoscimento della prescrizione delle fatture per consumi idrici superiori ai cinque anni, ostacoli allo storno in fatture dei consumi per le perdite occulte. Sono i motivi per i quali l'Antitrust ha irrogato ad Acea Ato 5 tre sanzioni amministrative di 400.000, 450.000 e 150.000 euro. Ora il Tar di Roma ha stabilito, respingendo il ricorso del gestore idrico, che le sanzioni sono legittime e ha pure condannato Acea Ato 5 a 3.500 euro di spese.
Per i giudici della sezione prima del Tar di Roma «tutti i motivi di ricorso sono infondati».
L'Autorità garante della concorrenza si è mossa a seguito delle segnalazioni pervenute dagli utenti, avviando il procedimento istruttorio, «ravvisando possibili profili di condotte scorrette e aggressive, consistenti: nella inadeguata gestione delle istanze dei consumatori inerenti a contestazioni su consumi fatturati, senza sospensione nelle more delle procedure di riscossione degli importi e con minaccia di distacco dell'allaccio in pendenza di reclamo; nel mancato o tardivo recapito, da parte di Acea, delle fatture, con conseguente impossibilità di giovarsi della rateizzazione; nella imposizione, in caso di voltura o subentro in una utenza preesistente o di nuova attivazione, delle morosità maturate dal precedente intestatario, anche laddove il subentrante fosse estraneo».
Successivamente l'Antitrust ha effettuato una seconda ispezione contestando il «mancato riconoscimento dell'eccezione di prescrizione» e la «gestione del problema delle perdite occulte».
Al termine della procedura l'Autorità ha «vietato l'ulteriore continuazione delle pratiche» e ha irrogato tre sanzioni per le tre condotte contestate per un ammontare complessivo di un milione di euro. Contro tale sanzione c'è stato il ricorso al Tar.
Acea Ato 5 si è difesa sostenendo la regolarità delle fatture in acconto sulla base di consumi stimati, «la piena satisfattività delle risposte fornite ai reclami dei clienti», l'esiguità delle contestazioni arrivate all'Autorità nonché la possibilità di continuare nelle attività di recupero anche in pendenza di reclamo. Di parere opposto il collegio che ha giudicato «infondate tutte le doglianze» e meritevole di condivisione «le conclusioni raggiunte dall'Autorità».
Per il Tar l'Autorità «ha puntualmente rilevato il mancato riscontro ai reclami (che nel 2018 risultavano migliaia) ovvero la presenza di risposte inadeguate e "non centrate" rispetto alle contestazioni sollevate, mediante l'invio di note standardizzate o inconferenti. Dagli atti risulta anche che la società ha continuato a porre in essere le attività di riscossione senza una puntuale verifica circa la reale fondatezza delle pretese creditorie vantate, e, in particolare, procedendo alla riscossione anche sulla base di fatturazioni stimate pur in presenza di contatori accessibili e agevolmente leggibili». E ancora: «le risposte-tipo fornite dalla società apparivano carenti e non conformi alla regolazione di settore». Il Tar rileva che il dato dei «reclami specifici e non "ciclostilati"... era stato comunque altissimo (5.000-10.000 utenti all'anno)».
Nella sentenza si dà conto di «scorrettezza della pratica» con riferimento all'invio di solleciti «contenenti la minaccia di distacco». Pertanto «risulta condivisibile la conclusione dell'Autorità» che ha definito le condotte contestate «un indebito condizionamento dei consumatori, i quali, a fronte dell'avvio delle procedure di riscossione, sospensione o distacco della fornitura, non erano nelle condizioni di determinarsi liberamente».
In più il Tar aggiunge che «per la configurazione di una pratica commerciale scorretta, è irrilevante l'esiguità delle segnalazioni o la natura occasionale ed episodica della condotta».
Contestato poi l'invio di «alcune migliaia » di fatture «comprensive di consumi idrici prescritti in tutto o in parte, in quanto risalenti sono ad oltre cinque anni dalla data di emissione della fattura». L'Autorità ricorda ad Acea Ato 5 che «la prescrizione decorre, infatti, dal momento in cui il creditore può far valere il diritto» ovvero dall'erogazione della prestazione e non nel momento in cui, come sostenuto dal gestore, «aveva acquisito i dati di consumo».
Da qui l'opinione «condivisibile», secondo il Tar secondo la quale «la società ha frapposto un ostacolo all'esercizio dei diritti dei consumatori a vedersi riconosciuta la prescrizione dei consumi risalenti, generando un pregiudizio economico connesso al fatto che i consumatori erano comunque sollecitati a pagare importi non dovuti».
Sulle perdite occulte, infine, «a fronte di specifiche istanze dei consumatori, la società non ha fornito alcun riscontro, anzi le ha rigettate». Questo perché «è risultato dagli atti come Acea non abbia posto i clienti nella condizione di venire a conoscenza delle perdite delle proprie utenze, con l'effetto che si sono verificati aumenti anomali e non dipendenti dal consumo fisiologico».
Per cui, il ritardo nelle letture - scrive il Tar - «ha comportato un indebito accollo dei costi in capo al cliente inconsapevole» tenuto conto che «i contatori non letti dalla società all'avvio del procedimento ammontavano a circa 5.000, con lettura risalente a più di cinque anni prima e oltre 16.000, con ultima lettura risalente a più di due anni prima». Solamente ad aprile 2019 la procedura di "depenalizzazione" è stata modificata. Da qui le sanzioni definite «frutto di un prudente esercizio di discrezionalità che non pecca né di irragionevolezza né di sproporzione».