Antonio Abbruzzese, classe 1923, non poteva nascere in un giorno più emblematico, quello della Festa del lavoro.
Lui, che il lavoro lo ha onorato sin da piccolo, imparando dal padre l'arte di calzolaio. Poi lo ha subìto, insieme agli orrori della guerra che lo hanno confinato, prigioniero a vent'anni, sull'isola greca di Rodi. Fuggito insieme ad altri soldati come lui, è riuscito a tornare in Italia e, più tardi, dopo essere emigrato in Germania in cerca di fortuna, a formare una famiglia e trasferirsi a Roma. Da lì una vita di sacrifici ma anche di gioie, di dolori per la perdita dell'amata moglie Anna, ma anche di una felicità inesauribile per la nascita della nipote Francesca.

E il primo maggio 2023, Antonio, originario di Rocca d'Arce, ha tagliato il traguardo dei cento anni circondato dall'affetto di familiari e amici che hanno festeggiato con lui alla Taverna Eulalia di Avezzano. Ha voluto ringraziare tutti, in un discorso tenuto rigorosamente in piedi e con la lucidità che lo ha sempre contraddistinto.
Antonio vive da solo, nello stesso condominio di sua figlia Maria e suo genero Paolo. Ama cucinare e fare lunghe passeggiate all'aperto.

È stato felicissimo ieri di avere intorno tutti i suoi parenti, ricevere omaggi e targhe ricordo, insieme ad applausi scroscianti per un secolo di vita vissuta. Avventurosa e difficile, costellata di amore e generosità, non senza sacrifici e rinunce. E ha brindato con un buon calice di Montepulciano d'Abruzzo, dimostrando che invecchiare è nella natura, farlo bene nella capacità di persone speciali e vere come lui. Auguri di tanta altra buona vita zio Antonio!