Aperture più o meno stabili, chiusure in aumento e saldo negativo per le imprese della provincia di Frosinone tra gennaio e marzo di quest'anno. Questo in sintesi il quadro che emerge dai dati Movimprese elaborati da Unioncamere – InfoCamere sulla base del Registro delle Imprese delle Camere di commercio relative all'andamento del primo trimestre del 2023. I numeri dicono, infatti, che le iscrizioni sono state 709, mentre le cessazioni sono state 831 con un saldo negativo di 822 unità, che porta il numero di imprese registrate in Ciociaria a quota 48.888 delle quali 39.733 attive. Le aziende non artigiane rappresentano l'82% (40.089) e quelle artigiane il 18% (8.799); quelle individuali sono il 49,3% (24.126), mentre le società di capitale rappresentano il 35,8% (17.488).

Nel 2022, se si prende come termine di paragone il primo trimestre, le nuove iscrizioni erano state 735, le cessazioni 725 con un saldo positivo di 10 unità; le imprese registrate erano 49.215 di cui 40.459 attive. A fine 2022 in provincia di Frosinone risultavano 49.022 imprese registrate, delle quali 40.362 attive (82,3% del totale); ammontavano a 2.326 le nuove iscrizioni (pari ad un tasso di natalità del +4,7%, in lieve rallentamento rispetto al +4,8% riferito al 2021) e si collocavano al di sotto della media riferita al periodo pre-covid (-21%). Ciociaria, quindi, in sofferenza non solo per la demografia naturale, ma anche negli indici di natalità e mortalità delle aziende, se si pensa che il tasso di crescita, al 31 marzo scorso, è di -0,25% contro il +0,19% del Lazio e il -0,12% dell'intero Paese.

Il resto d'Italia
Uno scenario che, per dinamiche, si replica anche su scala nazionale: il primo trimestre dell'anno ha evidenziato una sostanziale stabilità delle iscrizioni al Registro delle Imprese delle Camere di commercio (101.788 unità, in linea rispetto allo stesso periodo del 2022) e un sensibile incremento delle chiusure rispetto allo stesso periodo del biennio precedente (109.231 unità) che, tuttavia, restano tra i valori più contenuti degli ultimi dieci anni. Allo scoccare del 31 marzo, il tessuto imprenditoriale si è ridotto di -7.443 unità (pari a una variazione del -0,12% dello stock di imprese). Una flessione che resta tra le più contenute del recente passato e che (con l'unica eccezione del 2021, in piena pandemia) caratterizza tradizionalmente i trimestri di inizio d'anno a causa del concentrarsi delle cancellazioni sul finire dell'anno precedente e l'inizio del nuovo. Pur in un contesto di sostanziale stabilità, alcuni settori vedono aumentare in modo apprezzabile la propria base imprenditoriale. Tra questi si segnalano le attività professionali, scientifiche e tecniche (+2.992 imprese), le attività immobiliari (+1.571) e le costruzioni (+1.070), ancora sotto l'onda "lunga" degli incentivi all'edilizia. Sul fronte opposto ad arretrare maggiormente sono i settori del commercio (-8.806 imprese, -0,61%) e dell'agricoltura (-6.167 unità, -0,85%). Tra le forme giuridiche, il segmento più dinamico del nostro tessuto imprenditoriale continua a essere quello delle società di capitali, che aumenta nel trimestre di 13.000 unità (pari a un tasso di crescita dello 0,69%). Una vitalità che solo in parte riesce a controbilanciare, però, il saldo negativo delle ditte individuali, che nel periodo diminuiscono di 14.389 unità (pari allo 0,47% in meno), delle società di persone (-5.068 pari a un tasso di crescita di -0,56%) e delle "Altre forme", che fanno segnare 733 unità in meno (pari allo 0,35% in meno). L'analisi condotta a livello territoriale mostra saldi negativi in tutte e quattro le grandi ripartizioni, ciascuna in arretramento rispetto a un anno fa. Tra le regioni, Lazio, Sardegna e Trentino-Alto Adige sono quelle che fanno registrare un saldo positivo - per quanto contenuto - rispettivamente con 1.157, 253 e 85 imprese in più. Delle altre, Piemonte e Sicilia sono quelle che hanno chiuso il primo trimestre 2023 con il risultato peggiore in termini assoluti, rispettivamente con 1.638 e 907 imprese in meno.