Le origini, la conquista delle otto ore lavorative fino all'istituzione del primo maggio. Oggi si celebra la festa dei lavoratori. Una lunga tradizione che nasce a Parigi il 20 luglio del 1889. Una scelta non casuale. Tre anni prima, infatti, una manifestazione operaia a Chicago era stata duramente repressa. Il contesto sociale era molto diverso rispetto a quello di oggi. Gli operai non avevano diritti, lavoravano anche sedici ore al giorno e troppo spesso non facevano rientro a casa perché morivano sul luogo di lavoro. E proprio in quegli anni, era il 1886, fu indetto uno sciopero per ridurre la giornata lavorativa a otto ore. Protesta anche questa che culminò in un vero e proprio massacro in piazza Haymarket.
La festa dei lavoratori fu quindi un'iniziativa che superò i confini e divenne il simbolo delle rivendicazioni degli operai. In Italia la festa fu introdotta solo due anni dopo e oggi si festeggia ancora in diversi Paesi del mondo. Nonostante l'entrata in vigore della Costituzione nel 1948 si dovette attendere ancora parecchi anni prima di avere qualche risposta dalle lotte operaie. Ricordiamo l'entrata in vigore dello statuto dei lavoratori, la legge che cambiò finalmente il mondo del lavoro. Tra i temi chiave c'è l'articolo 18, che ha introdotto il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa.
La provincia di Frosinone è sempre stata caratterizzata dalla presenza di numerose fabbriche che, dagli anni d'oro fino ad oggi, hanno portato sviluppo e lavoro sul territorio. Oggi è importante fare un passo indietro fino al 1962, quando Ceccano fu profondamente scossa dalle vicende della fabbrica Annunziata. Un grande movimento operaio che lottava per la dignità del lavoro e chiedeva di tassare in modo equo gli extraprofitti.
Ma gli operai in sciopero furono colpiti duramente con una forte azione di repressione antisindacale: gli agenti cominciarono a sparare sulla folla. Furono ferite ben undici persone e venne colpito a morte l'operaio Luigi Mastrogiacomo. Un pezzo di storia che questa mattina verrà ricordato in piazza a Isola del Liri, durante la tradizionale manifestazione. Un'occasione importante per celebrare la storia e denunciare le problematiche presenti oggi nel mondo del lavoro.
La situazione oggi in Ciociaria
Superato quindi il riconoscimento dei diritti fondamentali dei lavoratori, tornando negli anni 2000, come è andata l'occupazione in Ciociaria nel 2022? A questa domanda ha risposto il dossier "Il mercato del Lavoro nella provincia di Frosinone", elaborato dalla Uil del Lazio e dall'istituto di ricerca Eures. Il rapporto mostra come lo scorso anno nel territorio ciociaro le persone occupate siano state 171.600, il valore più elevato degli ultimi cinque anni. Nel 2021 erano state 168.300. Questo significa che il 2022 si è chiuso facendo registrare 3.300 posti di lavoro guadagnati rispetto all'anno precedente.
La crescita occupazionale dell'ultimo anno ha trovato riscontro anche nella diminuzione delle persone in cerca di lavoro, che nel 2022 hanno raggiungono le 16.500 unità, in calo del 19,7% rispetto al 2021. Passando ad analizzare la dinamica di genere, dalle pagine del dossier, emerge come il 2022 abbia fatto registrare una crescita dell'occupazione al femminile, pari in termini assoluti a 5.900 unità (+9,6%). Variazione di segno inverso si è invece registrata tra gli uomini, che nel 2022 hanno fatto registrare una flessione di 2.600 unità.
Spostando l'attenzione sugli ultimi cinque anni, l'occupazione ciociara, dal 2018 al 2022, ha beneficiato della crescita del settore edile, che è passato dall'assorbire quasi 12.000 lavoratori a concentrare 17.700 occupati, con una crescita del 49,2%. Anche il terziario, che nel 2022 ha registrato 115.400 lavoratori, ha mostrato un incremento di 12.000 unità. Sul fronte opposto, si è registrata una flessione occupazionale nel settore agricolo e in quello manifatturiero, pari, rispettivamente, al -2,1% (36 unità in valori assoluti) e al -3,9% (-1.500 lavoratori).
Il dossier analizza poi i dati di flusso, vale a dire le attivazioni di rapporti di lavoro nel 2022. E qui i dati segnalano un panorama allarmante: dei 32.858 nuovi contratti attivati soltanto uno su quattro è stato a tempo indeterminato o di apprendistato. Mentre 24.678 attivazioni sono state forme atipiche: a termine, in somministrazione, stagionali e intermittenti.
La denuncia dei sindacati
In base ai dati emersi la situazione in provincia di Frosinone è in linea con l'andamento nazionale. Con l'ultimo anno che ha registrato un aumento dell'occupazione. Un aumento stabile che però si differenzia di settore in settore. «Se da un lato abbiamo visto un effetto di trascinamento dell'industria farmaceutica, che è cresciuta per ovvi motivi durante gli anni della pandemia – ha evidenziato Giuseppe Massafra, segretario provinciale della Cgil Frosinone-Latina – dall'altro ritroviamo costante la crisi dell'automotive (pensiamo al caso dello stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano). La crescita maggiore c'è stata nel settore edile. grazie agli incentivi del Superbonus».
Discorso a parte per i settori agricoli e del turismo, da sempre caratterizzati dalla stagionalità e che quindi portano meno sviluppo. Come la produzione del settore agricolo che si basa molto sulla stagionalità e sui problemi derivanti dai cambiamenti climatici. Senza dimenticare il pubblico «dove anni e anni di disinvestimento hanno portato alla diminuzione del personale – ha aggiunto Massafra – Siamo sotto organico ovunque e questo condiziona soprattutto il settore della sanità».
Un elemento positivo però lo troviamo nei redditi. Infatti, il reddito medio a Frosinone città è risalito di 800 euro. Nota Enrico Capuano, segretario provinciale della Cisl: «Questo è un elemento che ci spiega come siamo riusciti a lasciarci alle spalle il periodo della pandemia. L'economia ciociara inizia a recuperare posizioni che erano figlie della crisi del Covid. Ovviamente resta ancora qualche forma di crisi».
Uno sguardo anche alle risorse del Pnrr. «Queste risorse, se ben utilizzate, potrebbero dare una grossa mano – ha aggiunto Capuano – Come sindacato su questo aspetto stiamo pressando la Provincia per formulare un accordo che abbia un valore aggiunto più ampio e non guardi solamente ai singoli comuni. Proprio per dare benefici su una gamma più ampia provinciale. Mi preme sottolineare però che come Cisl abbiamo sempre messo la persona al centro. Per noi il lavoratore non è un numero ma una pedina importante del progresso e dello sviluppo. Sempre al centro di ogni cosa».
Il lavoro è sempre più precario
L'aumento dell'occupazione in Ciociaria è un "falso positivo". È quanto denuncia Anita Tarquini, segretaria provinciale della Uil che aggiunge come sia importante analizzare il tipo di lavoro. Infatti, l'aspetto comune che evidenziano tutti e tre i sindacati riguarda la piaga dei contratti a termine. Solo uno su quattro è a tempo indeterminato. E a questo fenomeno è strettamente correlato quello dell'aumento delle morti sul lavoro. Perché con una forma di contratto a termine si investe poco, se non per niente, su formazione e sicurezza sul luogo di lavoro. Come se il panorama lavorativo di oggi avesse fatto un passo indietro.
Di comune accordo, infatti, le tre sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil, fanno notare che i dati, si positivi, vanno analizzati sempre guardando a cosa si nasconde dietro. «Una situazione di incertezza in cui è necessario – spiega Tarquini – conquistare certezze che ci permettono di vivere».
Ad esempio è vero che l'occupazione femminile negli ultimi anni è aumentata. Ma se si analizza il tasso di disoccupazione di genere al primo posto c'è sempre quella femminile. «Nel periodo della pandemia tante donne che lavoravano in nero come badanti, ad esempio, si sono dovute per forza mettere in regola per poter continuare a circolare.
Ma non erano contratti a lungo termine. Quindi i dati ci aiutano a capire lo scenario, però se si analizza bene cosa realmente c'è dietro la situazione cambia». Siamo davanti quindi «all'ennesima conferma che non basta un segno occupazionale positivo per generare benessere diffuso nella collettività – ha concluso Tarquini – La crescita occupazione del nostro territorio infatti non può garantire stabilità e prospettive di lavoro di qualità.
È indecente che si lavori in somministrazione o a stagioni per tutta la vita. Non possiamo tollerare che questo modello diventi il riferimento per l'organizzazione del lavoro. Occorrono scelte strategiche che limitino l'abuso di forme contrattuali precarie».
Ma se il lavoro di oggi non da più sicurezze né tantomeno certezze per il domani, a cosa serve?