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La sentenza

Michele Liburdi ucciso di botte. Pena confermata

Omicidio preterintenzionale: quattro anni e cinque mesi a Matteo Verdicchio. L'episodio avvenne davanti a un bar sulla Monti Lepini, a Patrica

Michele Liburdi ucciso di botte. Pena confermata

Quattro anni, cinque giorni e dieci giorni. È la pena confermata per omicidio preterintenzionale a carico di Matteo Verdicchio, 27 anni, di Frosinone. Così ha sentenziato la Corte di Cassazione che ha scritto la parola definitiva sull'omicidio di Michele Liburdi, 53 anni, di Giuliano di Roma, avvenuto il 22 luglio del 2018, a seguito di un'aggressione subita davanti a un bar di Patrica. Lì si sarebbe verificata un'accesa discussione. In base alle accuse, Verdiccio avrebbe colpito ripetutamente la vittima, quindi sarebbe salito sul corpo di Liburdi. Così gli avrebbe procurato lo spappolamento della milza con conseguente shock emorragico. Liburdi era stato trasportato in ospedale, ma non era sopravvissuto alle ferite riportate nell'aggressione.

Verdicchio era stato giudicato in primo grado con il rito abbreviato condizionato all'espletamento della perizia medico legale. Davanti al gup del tribunale di Frosinone erano stati ascoltati quattro periti, uno nominato dal pubblico ministero, uno dalla parte civile, in rappresentanza dei genitori e dei fratello di Liburdi, uno dalla difesa dell'imputato il quarto dal giudice. Quindi, la sentenza con pena determinata in quattro anni, cinque mesi e dieci giorni. L'accusa ne aveva chiesti otto.
In appello, a maggio dello scorso anno, la sentenza di primo grado aveva retto con conferma della pena inflitta dal gup di Frosinone.

Davanti alla Cassazione c'è stata la rinuncia della difesa a proseguire nel ricorso, confidando, in base alla legge Cartabia, di poter ottenere in sede di esecuzione della pena un ulteriore sconto previsto dalla norma per chi opta per il rito abbreviato. Il pg aveva chiesto il rigetto del ricorso in ragione del comportamento adottato dall'imputato che non sarebbe stato estraneo all'area di rischio e sarebbe stato volto a provocare lesioni alla vittima. La parte civile era rappresentata dagli avvocati Nicola Ottaviani, per i genitori, Remo e Giuseppina, e il fratello della vittima Giovanni, e Marco Maietta, per la sorella Rossella, mentre Verdicchio è stato difeso dagli avvocati Giampiero Vellucci e Pasquale Bartolo. Come emerso nel corso delle indagini, l'imputato avrebbe chiesto la restituzione di denaro a un congiunto della vittima. A tal fine sarebbe avvenuto un incontro nell'abitazione di un familiare della vittima. A seguire condannato e vittima si sarebbero spostati per un chiarimento nel piazzale di un bar sulla Monti Lepini a Patrica.

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