Operazione Fireworks, ieri la sentenza di primo grado per il secondo gruppo di imputati.
In quindici, infatti, sono già stati condannati in via definitiva dopo aver optato per il rito abbreviato, ieri, invece, il collegio penale (presidente il giudice Antonio Ruscito) veniva per giudicare le restanti 35 posizioni, divise sostanzialmente in quattro blocchi distinti.
Per le vedette, accusate del reato di associazione a delinquere, ci sono state 22 condanne e due assoluzioni. Le pene variano dai 6 anni a salire a 6 anni e 8 mesi a 7 anni a 7 anni e mezzo e a 8 anni. Il tribunale non ha concesso la continuazione per quanti risultavano avere precedenti condanne per analoghi reati. I giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche prevalenti alle aggravanti, mentre hanno pronunciato, così come richiesto dal pm, l'assoluzione per l'ulteriore reato contestato di singoli episodi di spaccio.

Un'altra assoluzione è stata pronunciata, pure in questo caso sulla falsariga di quanto proposto dall'accusa ma anche così come deciso nel processo celebratosi con il rito abbreviato, per il riciclaggio dei soldi derivanti dall'attività di spaccio in Spagna, in un'attività di ristorazione nella zona di Malaga.
Condanne di minor entità, da uno a due anni, in continuazione con altre, e un'assoluzione è stata pronunciata per il trasporto e la consegna di un carico di cocaina. Per la consegna e la custodia di altro stupefacente, invece, le condanne sono state più lievi, a un anno. Per capire le motivazioni bisognerà attendere 90 giorni.

L'inchiesta, condotta da carabinieri e polizia, ha avuto il suo apice con gli arresti eseguiti il 7 dicembre 2016. Allora furono 43 gli arresti (tra carcere e domiciliari) per un totale di 53 indagati. Il grosso, tra cui capi e promotori dell'associazione, aveva optato per il rito abbreviato ed è stato condannato, da tempo, in via definitiva. Restavano così da definire le posizioni di quanti, i 35 giudicati ieri, hanno scelto il rito ordinario ed erano stati rinviati a giudizio davanti al collegio. In verità all'ultima udienza c'era stato un tentativo, con la legge Cartabia, di richiedere nuovamente l'abbreviato, ma il tribunale di Frosinone non ha accolto l'istanza.

Nella requisitoria il pubblico ministero Adolfo Coletta che ha coordinato le indagini, aveva insistito sull'associazione a delinquere, reato contestato alle vedette: «La struttura associativa - aveva rilevato - si appalesa informata ad una rigida gerarchizzazione e divisione del lavoro, laddove le vedette costituiscono l'essenziale base operaia per la copertura di tutti i turni di lavoro e per il raccordo fra le varie porte d'ingresso al Casermone e la zona di spaccio e i depositari costituiscono i responsabili dei magazzini che devono assicurare la custodia delle droghe e, previa preparazione delle dosi, le costanti forniture alla finestra di spaccio». Una valutazione che si è fatta forza anche della sentenza definita per quanti hanno optato per il rito abbreviato.

Sul ruolo delle vedette, l'accusa aveva puntato sulla divisione in turni, desumibile, per il periodo gennaio-maggio 2015, dalle intercettazioni, dai foglietti manoscritti acquisiti durante alcune perquisizioni nonché dalla ricostruzione fornita davanti al tribunale dall'allora capo della squadra mobile Carlo Bianchi. I turni, stando alle accuse, erano divisi in tre fasce orarie, 6-14, 14-22 e 22-6. Erano previsti anche i riposi con obbligo di chiedere il cambio fino a 12 ore prima. E sanzioni per chi non rispettava le regole. Inoltre, dalle indagini è emersa la possibilità di scalare le gerarchie all'interno dell'organizzazione. I ruoli, come ricostruito dagli agenti di polizia giudiziaria in aula, erano di vedette, che dovevano dare l'allarme al grido "Nerone" o "Carmela", addetti al confezionamento e capi turno. Poi c'erano i vertici.

Per Coletta «le vedette ed i depositari dello stupefacente si assoggettano ai capi e promotori dell'associazione ed a quella aderiscono condividendone i fini e contribuendo a realizzarli». E ancora: «appare veramente incontrovertibile che tutti gli imputati debbano esser ritenuti partecipi dell'associazione». Tuttavia, per le singole cessioni di stupefacente, dato che l'acquirente vedeva, da dietro la finestrella, soltanto la mano del venditore, per gli imputati ha richiesto e ottenuto l'assoluzione.
Tra l'altro, nel corso del processo, è emerso un particolare fortuito. L'indagine, infatti, fu favorita dalla cessione di un'auto da uno degli appartenenti dell'organizzazione degli Intoccabili (a loro volta finiti nel mirino della giustizia con pesanti condanne) a uno degli imputati per Fireworks.

Su quell'auto, una Bmw - è saltato fuori nel processo - era installata una micropsia. Dall'ascolto dei dialoghi ritenuti compromettenti, l'inchiesta si è allargata ad altre intercettazioni telefoniche, ambientali e osservazioni. Il Casermone, peraltro, era costantemente osservato da una serie di telecamere per monitorare gli accessi alla finestrella, dove - come ricostruito da carabinieri e polizia - avveniva lo spaccio in modalità protetta. La postazione è risultata rafforzata da una porta blindata e il passaggio soldi-droga avveniva in modo tale da non consentire l'individuazione, da parte dell'acquirente, di chi passava la droga, come poi rimarcato dallo stesso pm in sede di discussione.
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Riccardo Masecchia, Luigi Tozzi, Tony Ceccarelli, Marco Maietta, Rosario Grieco, Christian Alviani, Antonio Ceccani, Nicola Ottaviani, Martina Stirpe, Carlo Mariniello, Giampiero Vellucci, Maurizio Frasacco e Andreina Ciotoli.