Scarichi selvaggi e controlli serrati, i carabinieri forestali e i tecnici di Arpa impegnati nella individuazione delle condotte collegate alla tubazione che scarica nel Sacco. Ieri i militari dell'Arma specializzati nella lotta ai reati ambientali sono tornati sul posto, in località Casale del Dolce, probabilmente per eseguire ulteriori campionamenti. Il riserbo sulle indagini resta strettissimo, ma le recenti azioni investigative lasciano intendere che gli inquirenti stanno stringendo il cerchio attorno agli inquinatori che utilizzano la vecchia conduttura per disfarsi illegalmente degli scarti di lavorazione.

La scoperta della conduttura che scarica una quantità di fanghi e liquami nel fiume non resterà un episodio isolato da archiviare. Ne sono convinti gli investigatori che, coordinati dai superiori intenzionati a fare chiarezza sul passato e a correggere i vistosi errori che danneggiano il territorio provocando morte e malattie, intendono proseguire le operazioni di ricerca completando la mappa del sottosuolo iniziata negli anni scorsi.

La videoispezione effettuata su espressa richiesta di carabinieri e forestali nel 2017-18 prese in esame le condutture presenti nel sottosuolo nella zona industriale attorno alla via Morolense. Venne accertato come interi tratti di tubazioni siano tuttora da collegare, e che invece condotte in funzione ricevano i reflui di misteriosi conferitori, mai autorizzati dai titolari degli scarichi. L'operazione, efficace ed encomiabile, riguardò però solo l'area Est del territorio lasciando da sondare la vastissima restante area.

La conduttura in calcestruzzo che culmina con il grosso manufatto realizzato anche per ammortizzare gli effetti della enorme pressione determinata dal quantitativo di liquami trasportato, a detta dei residenti della zona, con la pioggia forte lascia fuoriuscire di tutto; sostanze di vario genere, mescolate all'acqua piovana, sommergono con violenza alberi ed arbusti, finendo nel Sacco le cui acque non di rado lambiscono il ponte che unisce il territorio di Anagni a quello di Sgurgola.
Probabilmente sono decine gli innesti non autorizzati, occorre quindi non solo verificarli e metterli fuori uso, ma anche programmare un'azione generale che, pur evidenziando lacune ed errori, eviti soluzioni drastiche.

La rabbia aumenta, poi, se si considera che la zona in questione si trova a poche decine di metri dal mega depuratore consortile, affidato da anni all'Asi, che è ancora ben lontano dal poter essere utilizzato. L'ultima iniziativa relativa al depuratore, che giova ricordare era pressoché ultimato nel 1992, si ebbe nella primavera del 2017, quando l'assessore regionale all'ambiente e il presidente dell'Asi annunciarono la sua entrata in funzione "tra pochi giorni". Sono trascorsi cinque anni, e chi ironizza col "campa, cavallo…" ha tutte le ragioni per essere sconcertato.