«Se l'Aia è fatta male è come una licenza di inquinare. Non è un'autorizzazione adeguata perché consente di inquinare di più rispetto alla norma». Lo ha affermato, ieri in tribunale a Frosinone, il tenente colonnello Vitantonio Masi, comandante del Nipaaf dei carabinieri forestali. L'ufficiale ha risposto per ore alle domande del giudice monocratico Antonio Ruscito, del pubblico ministero Carlo Villani della procura di Roma, che ha ereditato il fascicolo dal collega Alberto Galanti, promosso in Cassazione, e degli avvocati.
Si tratta del processo per i depuratori di Ceccano e Villa Santa Lucia che coinvolge 19 persone e società. A processo sono Claudio Ferracci, Massimiliano Ricci e Mauro Sisti del consorzio Asi; Riccardo Bianchi e Antonio Cavallaro per AeA; Rosettano Navarra ed Enrico Casini della Navarra; i tecnici di laboratorio Manuela Pintore, Simona Romeo, Giuliano Costantini, Livia Cavallito, Francesco Farinelli; Tommaso Michele Secondini e Leonardo Campoli dell'amministrazione provinciale di Frosinone; il responsabile d'impianto del depuratore di Ceccano Amedeo Rota nonché il Consorzio Asi e le società AeA e Navarra, difesi dagli avvocati Gianrico Ranaldi, Giampiero Quadrini, Marco Cianfrocca, Sandro Salera, Nicola Pisani, Ettore Paolo Di Zio, Gilberto Pagani, Otello Bigolin, Alessandro Tomassetti, Mario Di Sora, Giorgio Igliozzi, Domenico Marzi, Rosa Galasso e Cristiana Brunetti. Parti civili il Comune di Ceccano con l'avvocato Gianpio Papa e la Regione Lazio.
Masi ha ripercorso la genesi dell'inchiesta: «L'indagine ha per oggetto principalmente il depuratore di Ceccano. Durante le indagini la gestione è stata affidata dall'Asi a una società in house l'AeA. Tutto nasce da un esposto, del 20 novembre 2017, di 277 cittadini che lamentavano intense emissioni maleodoranti, concentrate principalmente la mattina e la sera». L'apice si è raggiunto il 5 ottobre 2017 «con un fortissimo odore di gas, tanto che le insegnanti della scuola Passo del Cardinale sono state costrette a evacuare la scuola. Molti bambini si sono sentiti male. Durante le indagini sono arrivati altri due esposti di cittadini che lamentavano difficoltà respiratorie. Nel 2018 i cittadini hanno manifestato davanti al depuratore».
Il tenente colonnello si è soffermato sugli aspetti autorizzativi per il rilascio dell'Aia. Ha ricordato un «primo parere dell'Arpa Lazio abbastanza negativo. Il 6 aprile 2016 l'Arpa rileva criticità su tutte le matrici ambientali. Ci sono sezioni critiche nell'impianto tali da generare cattivi odori». La procedura è stata complessa: «Dopo due anni e tre mesi dalla richiesta dell'Aia il procedimento era fermo» ha evidenziato Masi. Dopo un sopralluogo di forestali e Arpa del giugno del 2018, «si ha un nuovo parere molto critico dell'Arpa». Le analisi fatte sugli scarichi «hanno evidenziato il superamento dei parametri inquinanti. Per l'Arpa - ha rimarcato il teste - i lavori sono talvolta insufficienti, in altri casi inefficaci e in altri casi ancora addirittura inesistenti come la vasca di sollevamento». Nel frattempo, si susseguono le conferenze di servizi.
«Cosa ha comportato il superamento dei limiti?», ha domandato il pm. «Il fiume riceveva reflui non completamente trattati e veniva inquinato», la risposta del carabiniere. Masi ha aggiunto che la terza conferenza di servizi si è chiusa positivamente. «Ma in quella data - ha precisato Masi - l'Arpa non aveva dato alcun parere eppure la Provincia chiude positivamente i lavori. In sostanza l'Aia è rilasciata nonostante tre pareri negativi dell'Arpa per criticità strutturali e impiantistiche». Sulla provenienza degli odori, Masi, deciso, ha spiegato che «non ci sono dubbi. Abbiamo fatto plurimi sopralluoghi. Raramente, nella mia esperienza, ho sentito odori così nauseabondi».
Un altro capitolo ha riguardato i reflui. «Secondo le analisi sui reflui del depuratore ci sono state plurime e continuate violazioni dei limiti. Non erano episodiche. Della scarsa funzionalità del depuratore era a conoscenza il consorzio Asi e si evince da una lettera alla provincia del 2013. Poi sono arrivati i finanziamenti. Ma tutti gli interventi effettuati dopo non sono stati adeguati né efficaci». Masi ha fatto cenno a un campionamento dell'Arpa a monte e a valle del fiume Sacco: «La qualità del fiume è peggiorata dallo scarico del depuratore».
Il pm ha chiesto se quanto descritto per Ceccano è valido pure per Villa Santa Lucia. «Sui fanghi c'era la stessa situazione», ha detto Masi. Il quale ha aggiunto che «l'Arpa ha contestato a Aea l'aver classificato i rifiuti come non pericolosi. E ciò ha determinato per Aea un profitto». L'ufficiale ha parlato di 13 milioni di chili di questi rifiuti tra il 2013 e il 2017 a Ceccano. E ha spiegato che «il produttore di questi rifiuti è Aea, mentre la società destinataria era la Navarra che effettua il trattamento». Con riferimento al nuovo sequestro dell'impianto di Ceccano Masi ha affermato che «l'amministratore giudiziario di Aea adesso ha deciso di classificare come non pericolosi i fanghi».
Sulla questione dei codici a specchio e della classificazione dei rifiuti c'è stato un botta e risposta con le difese. «Noi ci siamo riferiti a quanto detto dell'organo tecnico, che è l'Arpa. È impossibile sapere quello che c'è dentro quando scaricano 200 aziende. L'Arpa ha detto che in via precauzionale bisognava classificarli come rifiuti pericolosi». Su sollecitazione delle difese, ha chiarito che il profitto contestato a Aea «consegue al risparmio sui costi di gestione». Solo che la difesa ha insistito sul fatto che per Navarra era più remunerativo gestire rifiuti pericolosi. «Chi riceve ha margini di profitto diversi però - ha ribadito Masi - Ha costi maggiori di trattamento e smaltimento. Il risparmio di spesa è del produttore».
Sui cattivi odori, le difese hanno fatto acquisire una relazione di un esperto che poi verrà sentito dal tribunale. Ma Masi ha sottolineato che «gli odori vanno e vengono».
Sempre le difese hanno prodotto un provvedimento del riesame relativo al sequestro dell'impianto di Villa Santa Lucia.