Omicidio in carcere, colpo di scena nel processo d'appello. La Corte, infatti, ha rinviato la sentenza nei confronti di Daniele Cestra e, con un'ordinanza, ha stabilito una nuova perizia medico legale.
Lo scorso giugno, la Corte d'assise di Frosinone si era pronunciata sul quarantacinquenne di Sabaudia, accusato del duplice omicidio nel carcere di Frosinone di Pietro Paolo Bassi, trovato impiccato in cella il 24 marzo 2015, deceduto il 15 giugno successivo, e Peppino Mari, morto impiccato il 17 agosto del 2016.
Entrambi erano compagni di cella di Cestra che faceva loro da "piantone", aiutandoli nella quotidianità della vita carceraria. La giuria popolare aveva condannato Cestra a 30 anni (il pm Vittorio Misiti ne aveva chiesto l'ergastolo) per il solo omicidio di Mari, mentre per quello di Bassi lo aveva mandato assolto. La Corte aveva riconosciuto la recidiva (Cestra sconta un'altra condanna, a 18 anni, per l'omicidio di Anna Vastola, 81 anni, uccisa nel 2013 durante una rapina nell'abitazione dell'anziana a Borgo Montenero) ma aveva fatto cadere le aggravanti della crudeltà e del mezzo insidioso.
La difesa aveva sempre contestato la perizia medico legale sulle cause della morte delle due vittime, risultata poi decisiva per la condanna dell'uomo, chiedendone la nullità. E così aveva proposto appello.
Ieri a Roma davanti alla I Corte d'assise d'appello, il procuratore generale aveva chiesto la conferma della condanna a trent'anni per Cestra per l'omicidio Mari. La difesa, rappresentata dagli avvocati Angelo Palmieri e Sinuhe Luccone, è tornata a chiedere una nuova perizia medico-legale. La Corte, a quel punto, ha deciso di non andare a sentenza, rinviando l'udienza a fine febbraio per convocare un medico legale al quale affidare una nuova perizia per stabilire le cause della morte di Mari.
La Corte d'assise di Frosinone nelle motivazioni aveva scritto che «Cestra ha ucciso il proprio compagno di cella mediante la compressione del collo con utilizzo di un mezzo soffice e l'ostruzione delle vie aeree respiratorie». Per i giudici sono «inequivocabili (gli) elementi che Mari sia stato ucciso».
Il quadro offerto dal consulente del pm, la dottoressa Daniela Lucidi, per la Corte di primo grado è «inequivoco, chiaro, completo e incontrovertibile, tanto che neppure la difesa ha offerto una valutazione medico legale alternativa». La Corte sottolineava pure che il primo agente entrato in cella abbia notato «che la televisione era accesa ad alto volume, circostanza che verosimilmente spiega la mancata percezione di rumori sospetti».