Don Luca Fanfarillo è quel che si definisce un "prete sul campo". Un sacerdote che intende la sua missione come un pungolo continuo alle coscienze. E lunedì sera ne ha data un'ennesima dimostrazione con una veglia per tre giovani vite perse (Emanuele Morganti, Willy Monteiro Duarte e Thomas Bricca), tre morti violente che hanno sconvolto, oggi come nel passato, il nostro territorio.

Nella chiesa di Maria Santissima del Rosario, in contrada Mole Bisleti, erano presenti giovani e adulti, c'era anche il vescovo Ambrogio Spreafico, c'erano famiglie con bambini piccoli e anziani, tutti arrivati per un momento comune di raccoglimento, di preghiera e di riflessione.

Don Luca, partiamo dalla presenza sostenuta di gente lunedì sera. È un messaggio importante di partecipazione...
«Sì, io cerco sempre di "incontrare" l'altro. È quello che dovremmo fare tutti, noi adulti. Dobbiamo riuscire a toccare i tasti giusti per ripristinare il dialogo che manca con le persone che ci circondano».

Ancora non ci capacitiamo di quel che è accaduto al povero Thomas, molti fanno fatica a inquadrare il fatto che la nostra città è cambiata e che ci sono tanti problemi, specie tra i giovani. Ecco: tra di noi parliamo lingue diverse?
«Sì, sicuramente, parliamo lingue differenti e ci sono idee differenti, ma il problema maggiore è che non ci parliamo proprio. Mancano la relazione e la capacità di entrare in contatto».

Cosa ha interrotto questa relazione?
«Se parliamo dei ragazzi, questi vivono in un altro mondo. Sono stati tralasciati temi come l'educazione, il sacrificio, l'impegno. Abbiamo dato tanto, tutto, ma non basta. È facile dire di "sì", ma sono i "no" che pesano, perché vanno giustificati. È una fatica che si fa sempre meno. I ragazzi, invece, hanno bisogno di guide».

Quindi, in che modo occorrerebbe agire?
«Gli adulti, ma anche le parrocchie, hanno abbandonato i luoghi, che sono diventati "terre di nessuno", dove può allignare il male. Dobbiamo "riabitare" questi spazi».
Dobbiamo affrontare questo male in maniera più forte?
«Innanzitutto, dobbiamo saper vedere le problematiche, saperle riconoscere, senza negarle. Poi, la domanda: come intervenire? Certo, serve fare qualcosa di concreto. A partire dal fatto che le parrocchie, ne parlo in quanto sacerdote, devono aprirsi al territorio».

E alle persone, ai giovani...
«Nell'omelia di domenica scorsa, commentando anche quello che è successo a Thomas, abbiamo parlato del sale della Terra e della luce del mondo. Ecco, se questo sale va disperso, se questa luce resta al chiuso, non si vede, non esce tra le strade, allora non abbiamo fatto niente».

Don Luca, che idea si è fatta di quel che è accaduto a Thomas Bricca?
«Questo è stato un evento tragico, "costruito" negli anni, dopo Emanuele Morganti. Non voglio dire che siamo colpevoli di omicidio, ma dobbiamo sentire addosso su di noi la responsabilità di quel che è successo. Io parlo di responsabilità. Se non avvertiamo questo senso di responsabilità, significa che c'è qualcosa in noi che non va».