Droga, agguati e pistole: il pm della Dda di Roma aveva già chiesto il rinvio a giudizio per tutti i coinvolti nell'inchiesta bis della "Storia Infinita", il troncone che si è innestato - poi - nell'operazione "Requiem". E che ha visto a poco più di un anno dalla sentenza in Cassazione per sette degli imputati finiti nella maxi inchiesta antidroga dei carabinieri, una vera estensione delle attività. Con il coinvolgimento in totale di ventitré persone, molte delle quali già indagate nel troncone iniziale: indagini - lo ricordiamo - aperte per i medesimi accadimenti. Ma con "prospettive" giuridiche e contestazioni più ampie.

Ieri le discussioni davanti al gup. Tre dei coinvolti hanno chiesto riti alternativi: un patteggiamento e due abbreviati. Per costoro si discuterà il prossimo 21 marzo a Roma; ma ieri - sempre per i tre - il pm ha avanzato richieste di pena alte: dai 10 anni e 8 mesi di reclusione a un anno e 8 mesi con 20.000 euro di multa. Le difese - gli avvocati Carbone, Corsetti, Natale, Buongiovanni, Nardone, Giuliano, Persichino, Matronardi, Cassone, Farignoli e Malafronte - hanno sostenuto anche attraverso prove documentali che le dichiarazioni del pentito (Elio Panaccione) non avrebbero alcun riscontro oggettivo.
Collegato dal carcere di Secondigliano in video solo Ferreri, sottoposto al 41 bis. In aula, invece, altri imputati, in carcere per reati diversi. Poi la decisione.

Una decina dei coinvolti è stata prosciolta per prescrizione sopraggiunta o prossima. L'altra metà, con Gennaro Ferreri ritenuto a capo del gruppo - chiamata a rispondere in gran parte del reato associativo - si è deciso per il rinvio a giudizio: il processo verrà celebrato a Cassino dal prossimo 3 ottobre. Un processo che si preannuncia particolarmente complesso.

La vicenda
A febbraio del 2021 i giudici della Suprema Corte avevano deciso una pena superiore a 60 anni di carcere in tutto per sette degli imputati nel primo troncone: la maxi operazione antidroga condotta dai carabinieri di Cassino rappresentò uno spartiacque nella definizione della lotta allo spaccio nel territorio. Per la prima volta era emerso l'uso delle armi per l'egemonia della piazza: l'ultima sparatoria a gennaio 2015, vero punto di partenza dell'indagine. Poi la definizione per la magistratura di ruoli e posizioni. Per la procura Gennaro Ferreri era il dominus dell'intera organizzazione: a lui viene contestato "il metodo mafioso e una particolare intimidazione per le modalità esecutive in un contesto di contrapposizione tra gruppi criminali". Ma c'erano anche cassieri, guardiaspalle, picchiatori, spacciatori al dettaglio e capoarea. Nella presunta organizzazione ci sarebbe stato chi si sarebbe occupato del trasporto, chi del confezionamento, chi del "fondo cassa". Dalle indagini della Dda sarebbe emersa anche l'esistenza di un "libro mastro" per annotare "stipendi", entrate ed uscite. In mezzo, pure un fucile mitragliatore AK/47 seppellito nel giardino di una scuola. Elio Panaccione, poi entrato in un programma di protezione, un'altra figura apicale: fondamentali le sue dichiarazioni rese agli inquirenti della Dda.