Nato a Colleferro ma fortemente legato per affetto, formazione e professione alla provincia di Frosinone, Stefano Spallotta, musicista, racconta le sue... note e meno note ai lettori di Ciociaria Oggi.

Quando nasce l'amore per la musica?
«Diversamente da quegli amori istintivi e passionali che spesso i colleghi hanno vissuto durante l'infanzia, per me la scintilla è stata molto più… progressiva. Studio da quando ero molto piccolo ma, a causa di rapporti conflittuali con alcuni insegnanti e di una certa mia indolenza, sono dovuto arrivare a un'età più matura per rendermi conto di quanto fosse potente lo strumento per comunicare il mio essere».

Che cos'è la musica?
«La musica è un motore inarrestabile del mio agire, la voce altra con cui il mio dialogo interiore non si interrompe mai. La musica avvolge, affascina, seduce e, a volte, induce a trascurare gli altri aspetti della vita».
Che cosa ha in più la chitarra rispetto agli altri strumenti?
«In più direi niente, ma neanche in meno, però! A parte gli scherzi, le riconosco una versatilità, un'intimità e un'energia che pochi strumenti possono vantare. Più che di valori a confronto, comunque, parlerei di unicità. Se non hai mai fatto vibrare una corda che strugge di malinconia o se non hai mai strappato un violento accordo di passione su una chitarra, non puoi cogliere quale profonda simbiosi corporea si crei tra l'esecutore e questo strumento, le cui linee sinuose si adattano al corpo come un vestito, come un abbraccio».

Qual è il futuro tecnologico della chitarra?
«Le chitarre sono oggi una delle "famiglie" di strumenti più diversificate al mondo. Quindi sperimentazione e mix con la digitalizzazione del suono amplificato fanno il paio con nuovi e strabilianti progetti costruttivi delle chitarre acustiche, ma anche con una riscoperta degli strumenti storici e la loro reinterpretazione».

Qual è il genere delle sue composizioni?
«Nei primi esperimenti ero affascinato dal linguaggio francese di Debussy e Ravel, ma non credo che un compositore oggi possa realmente dirsi figlio di una singola esperienza storica. Il XX secolo ci ha lasciati immersi in una specie di centrifuga cronologica in cui tutto riesce a convivere allo stesso momento ma per chi veramente vuole fare ricerca attraverso esperimenti dei nuovi linguaggi sonori, le possibilità, ma anche le sfide, sono tantissime».

In veste di organizzatore c'è un evento al quale è particolarmente legato?
«Sicuramente il Festival "Corde di Primavera", dedicato interamente alla chitarra, realizzato nella città di Frosinone, giunto nel 2022 alla IV edizione. Un traguardo importante per questa iniziativa, che non solo ha ospitato già decine di chitarristi di altissimo livello dall'Italia e dal mondo ma è stato anche un'occasione per sostenere la mia didattica chitarristica e offrire ai giovani musicisti del nostro territorio concerti, masterclass e conferenze che, altrimenti, sarebbero costati viaggi e investimenti altrove, non alla portata di tutti. In questo percorso l'aiuto e il sostegno del maestro Katia Sacchetti, con cui collaboro ormai da tantissimi anni, è stato fondamentale e prezioso».

Qual è lo stato di salute della musica classica in Ciociaria?
«Mi sento di dire che il territorio ha un profondo bisogno di bellezza, di arte e di musica, se non altro per non dimenticare le radici nobili e ricchissime della cultura ciociara».

Ci sono giovani talenti musicali sul territorio?
«Fortunatamente sì, e devo dire che ho avuto il piacere di conoscerne molti. Ma la domanda, se mi posso permettere, tradisce un'italica abitudine, quella cioè di cercare a tutti i costi l'eccellenza, trascurando invece un auspicabile livello medio elevato».

Composizione, concerti, insegnamento: cosa sceglierebbe se fosse costretto?
«Scelta impossibile! Dovendo rispondere, dietro minaccia giornalistica, se penso all'attività performativa penso all'oggi, se penso all'insegnamento penso al domani, se penso alla composizione… qualunque momento è buono!».

Ha un sogno nel cassetto?
«Più che un sogno un'aspirazione, quella di poter continuare a vivere le esperienze umane e artistiche con la stessa meraviglia e lo stesso entusiasmo fintantoché sarà possibile. La mia più grande felicità è svegliarmi presto al mattino e, dopo aver camminato un po' nella natura, suonare nel mio studio. Una cosa semplice e intima, che mi ricongiunge con la magia della chitarra e della musica».

Nel congedarsi dai lettori di Ciociaria Oggi, lo spartito della vita di Stefano Spallotta suona un'altra nota, quella della semplicità, una virtù che riesce a emozionare in ogni quando e in ogni dove. Un po' come la vibrazione delle corde della sua chitarra…