Riccardo Viselli, cepranese, scrittore di racconti di successo ma oggi in veste di geologo ambientale per i lettori di Ciociaria Oggi, parla di uno dei problemi più scottanti per il nostro pianeta, la gestione dei rifiuti. Con un sorprendente cambio di prospettiva, afferma che il vero problema non è nei rifiuti, perché quando si arriva a definirli tali è già troppo tardi. Il nocciolo della questione risiede, infatti, nella produzione dei prodotti.

Non è casuale, quindi, che la normativa recenti miri a favorire lo sviluppo del cosiddetto "ecodesign", ovvero la realizzazione di beni più durevoli che, una volta divenuti rifiuti, siano facilmente smontabili per massimizzarne il riciclaggio. E non è un caso anche il fatto che, nella cosiddetta gerarchia di gestione dei rifiuti definita a livello comunitario e recepita nell'ordinamento italiano, la prevenzione degli stessi, ovvero la riduzione del loro peso e della loro pericolosità, sia posta al primo gradino, ovvero sia considerata come l'azione prioritaria da mettere in campo per un'efficace e ambientalmente sostenibile gestione del problema.

Da quando si interessa della gestione dei rifiuti?
«Da circa venti anni. Laureato in scienze geologiche e conseguito un master in valutazione degli impatti ambientali degli impianti di gestione dei rifiuti, ho cominciato a lavorare per le principali aziende italiane che si occupano di raccolta e trattamento».
È un problema italiano o più esteso?
«È sicuramente mondiale, in quanto tutte le attività umane producono impatti ambientali, tra i quali è da annoverare sicuramente la produzione di scarti. L'Europa ha avuto il merito di introdurre, negli anni, direttive per migliorare sempre di più la gestione dei rifiuti. In altre aree del pianeta, di contro, i rifiuti vengono ancora gestiti in maniera primitiva, spesso con ricorso diffuso all'interramento in discarica».

Che cosa è l'economia circolare?
«I principi dell'economia circolare, introdotti recentemente anche nell'ordinamento italiano a seguito del recepimento di diverse direttive dell'Europa, mirano a ridurre sempre di più il consumo di materie vergini, la cui disponibilità non è infinita e la cui estrazione depaupera e contamina l'ambiente. Nell'attuale economia lineare per produrre un oggetto si prelevano risorse e fonti di energia dal territorio: acqua, legname, minerali, terre, carbone, petrolio, gas… Poi si trasportano anche a lunghissima distanza nei luoghi di lavorazione, con ingenti e immaginabili danni quali apertura di cave, disboscamenti selvaggi, prosciugamento di bacini idrici, emissioni atmosferiche… Alla fine del processo, una volta che questo oggetto è divenuto un rifiuto, viene smaltito in discarica. Nell'economia circolare, invece, si dovranno recuperare tutta la materia e l'energia contenute negli scarti. In tale maniera si dovrà pertanto generare un vero e proprio "circolo virtuoso", quello appunto dell'economia circolare, in cui il prelievo di risorse naturali si ridurrà al minimo, così come lo spreco. Coniugando questi principi nella gestione dei rifiuti, le norme attualmente prevedono che entro il 2035 almeno il 65% dei rifiuti dovrà essere riciclato e massimo il 10% potrà essere smaltito in discarica. Ovviamente ci aspettiamo che, man mano che i progressi tecnologici lo consentiranno, questi limiti saranno modificati in modo da aumentare sempre di più il riciclaggio e ridurre, fino ad annullarlo, lo smaltimento diretto in discarica».

Quali saranno le conseguenze dell'attuazione dell'economia circolare?
«L'economia circolare, una volta attuata, introdurrà una grande rivoluzione industriale: lo sfruttamento delle risorse naturali e del territorio si ridurrà drasticamente, i rifiuti diminuiranno in quantità e in peso e quelli prodotti saranno gestiti in maniera eco-compatibile. E come in tutti i sistemi, da quelli economici a quelli fisici, passando per quelli socio-politici, anche l'economia circolare ha delle leggi che devono essere comprese affinché ogni attore, dal cittadino al decisore politico, passando per i produttori di beni e i gestori dei rifiuti, possa dare il proprio contributo alla nobile causa della protezione dell'ambiente e del contrasto al cambiamento climatico. È di questo argomento che parlo nel mio ultimo lavoro "Le 4 leggi fondamentali dell'economia circolare"».

Che cosa è il "rifiuto"?
«Il rifiuto è uno dei sintomi di un'economia non più sostenibile. Non credo nelle "decrescite più o meno felici", ma si può, anzi si deve, continuare a crescere economicamente in modo sostenibile: per il pianeta, per le future generazioni e anche per noi stessi. Infatti, le direttive europee parlano di "economia circolare" e non di "recessione circolare". Il rifiuto del futuro dovrà essere un "rifiuto vero": oggi, purtroppo, molti dei rifiuti prodotti si potrebbero "facilmente" evitare cambiando sia le progettazioni dei prodotti che i comportamenti di tutti noi».

Come si è comportata l'Italia finora?
«In diverse regioni del nord la gestione è già oggi in uno stato piuttosto avanzato, al passo dei migliori Paesi europei. Purtroppo, in diverse aree del Centro e del Sud vi è ancora un eccessivo ricorso all'esportazione dei rifiuti per mancanza di impianti di trattamento adeguati e allo smaltimento in discarica, con impatti ambientali decisamente superiori a quelli che avremmo realizzando gli impianti necessari per massimizzare il riciclaggio».
Quanto è importante un'efficace raccolta differenziata?
«La raccolta differenziata è il primo gradino nella scala del riciclaggio e quindi raccolte differenziate "pulite" consentiranno di conseguire maggiori tassi di riciclaggio. Non basta, però, per conseguire gli importanti obiettivi normativi: sono sempre necessarie operazioni di pre-trattamento dei rifiuti prima del loro avvio agli impianti effettivi di riciclaggio come vetrerie, cartiere, fonderie. Le raccolte differenziate riguardano rifiuti che non sono idonei quasi mai all'avvio diretto al riciclaggio. Si pensi per esempio alle bottiglie di vetro, che devono essere ripulite dalle etichette, alla carta e al cartone che devono essere separati dalle frazioni di plastica, alle plastiche stesse che sono costituite da una pluralità di polimeri che devono essere separati per poter essere riciclati. A oggi ci sono materiali per i quali l'economia circolare è una realtà. Mi riferisco, ad esempio, al vetro, al cartone, all'acciaio e all'alluminio, materiali per i quali è più vantaggioso il riciclo rispetto all'utilizzo di materie vergini».

Esistono dei metodi che possano evitare di "creare" così tanti rifiuti?
«Una società più sostenibile è sicuramente quella che non produce scarti, ma si può conseguire la sostenibilità anche reinserendo nel circolo produttivo i rifiuti che fino a qualche anno fa venivano interrati nelle discariche. Le normative comunitarie e nazionali puntano molto sulla prevenzione dei rifiuti, mirando ad aumentare la vita utile dei beni durevoli spingendo quindi verso produzioni di maggiore qualità e riducendo il peso degli imballaggi, che per la loro natura tendono a divenire rifiuti quasi subito dopo gli acquisti. Quindi nella riduzione dei rifiuti il ruolo dei produttori di beni, per quanto appena descritto, è fondamentale».

Qual è lo stato della legislazione attuale?
«Nell'ordinamento italiano sono state recentemente recepite le direttive europee del pacchetto dell'economia circolare ma stentano a essere attuate. Uno dei capisaldi più disattesi, in quasi tutto il Centro-Sud d'Italia, è il cosiddetto "principio di prossimità", che stabilisce che i rifiuti dovrebbero essere gestiti in luoghi il più possibile vicini a quelli di produzione».

Ci sono rifiuti non riciclabili?
«Ancora oggi esistono rifiuti che, o non sono riciclabili, o lo sono piuttosto difficilmente con un bilancio ambientale ed economico negativo rispetto ad altre forme di gestione, come il recupero energetico. Tra questi rifiuti rientrano alcune tipologie di plastiche, come quelle di piccole dimensioni, ma non solo, prodotti costituiti da accoppiamento di diversi materiali, imballaggi che naturalmente rimangono contaminati dai prodotti una volta divenuti rifiuti, come i tubetti dei dentifrici o le bombolette del gas, per fare soltanto degli esempi».

Che ne pensa delle discariche?
Occorre fare delle distinzioni. Se in discarica si smaltiscono rifiuti riciclabili o con contenuto energetico, allora ne penso tutto il male possibile. Ma, almeno nel prossimo futuro, saranno ancora necessarie per gestire i rifiuti non riciclabili o quelli non recuperabili energeticamente. La stessa normativa europea, infatti, prevede anche in un'ottica di economia circolare la possibilità di avviare a discarica quote di rifiuti, nella misura massima però del 10%. Ne serviranno, quindi, sempre di meno, più piccole e che non produrranno quegli impatti negativi, quali emissioni climalteranti e percolati, che si generano quando vengono smaltiti rifiuti che oggi possono essere agevolmente recuperati come l'organico».

Cosa sono i biodigestori? Li ritiene utili?
«Una delle frazioni più importanti dei rifiuti urbani è costituita dell'organico, che viene ormai abbastanza diffusamente raccolto in modo differenziato. Per poter conseguire gli obiettivi dell'economia circolare e per sottrarlo a forme di trattamento non idonee e dannose per l'ambiente, occorre intercettare tutto l'organico prodotto dalle nostre cucine e inviarlo essenzialmente a due tipologie di impianti: quelli di compostaggio e quelli di digestione anaerobica, o biodigestori. I primi producono, attraverso la triturazione e la fermentazione, concime organico, utilizzabile in sostituzione di concimi di sintesi, mentre i secondi, i biodigestori, consentono di produrre biometano, che può essere utilizzato per sostituire il metano fossile, e il cosiddetto digestato, ulteriormente trattabile per produrre il compost (terriccio ottenuto dal compostaggio, ndr) di rifiuti organici, usato in agricoltura soprattutto per migliorare le caratteristiche nutritive del terreno, cui apporta preziosa materia organica. I biodigestori pertanto sono in grado di ricavare il massimo possibile dal nostro organico (biometano e compost) e sono pertanto da preferire, per ragioni ambientali ed economiche. Il biometano, infatti, a differenza del metano fossile, ha un potere climalterante praticamente nullo, considerando che il carbonio in esso contenuto è già presente nel ciclo, a differenza del carbonio contenuto nel metano fossile che viene reimmesso in circolo dopo milioni di anni, causando pertanto i ben noti surplus che provocano gli incrementi di gas climalteranti. Fornisce inoltre un supporto al bilancio energetico nazionale, notoriamente deficitario di materie prime e fonti energetiche. Concludendo, trattando l'organico nei biodigestori se ne ricava una fonte energetica pulita e concime, mentre negli impianti di compostaggio esclusivamente compost».

Terra dei fuochi ma anche Terra delle acque, cioè Valle del Sacco: qual è la reale situazione della nostra provincia?
«Innanzitutto, occorre precisare che il terribile stato di degrado in cui versano molti dei nostri corsi d'acqua, tra i quali il Sacco, non ha nulla a che vedere con la gestione dei rifiuti urbani di cui abbiamo finora discusso. Ma non è solo il comparto idrico che desta preoccupazione, considerando che anche la "nostra" aria soffre l'impatto delle importanti arterie viarie che interessano la provincia, con limiti di legge spesso superati. Con l'aggravante che di questo secondo problema, a differenza di quello idrico, neanche se ne parla. E infine, per tornare al mondo dei rifiuti, molteplici sono le discariche sparse nella nostra provincia, quasi una per ogni comune, che in passato venivano utilizzate per interrare i rifiuti prodotti (in piena economia lineare) e che oggi andrebbero monitorate e, presumibilmente, bonificate».