Inclusività: un termine che fortunatamente viene utilizzato sempre più spesso da enti, istituzioni e politica locale, ma che purtroppo non sempre incontra una sua realizzazione pratica. A volte basterebbe poco per rendere la città più inclusiva, altre volte ci si scontra con la necessità di ripartire da zero per rendere gli ambienti pubblici accessibili a tutti. Il lavoro da fare in provincia di Latina è ancora molto. Si prenda ad esempio le scuole: meno di una struttura su tre può definirsi veramente accessibile per gli studenti con disabilità. Nello specifico, si tratta del 31,5% del totale, la seconda performance peggiore nel Lazio. La percentuale più bassa la detiene Roma (25,7%), mentre sopra alla provincia di Latina ci sono Frosinone (33,6%), Viterbo (37,9%) e Rieti, che arriva addirittura al 42,5%.

A mappare il tasso di inclusività delle scuole di tutta la Nazione sono stati Open Polis e l'impresa sociale #Conibambini, che nel recente rapporto inserito nel più ampio format dedicato all'analisi della Povertà Educativa in Italia, hanno classificato le strutture di tutta la Nazione, definendo come accessibili dal punto di vista fisico-strutturale soltanto gli edifici che possiedono tutte le caratteristiche a norma (ascensori, bagni, porte, scale) e che dispongono, nel caso sia necessario, di rampe esterne o servo- scala. La rilevazione si riferisce all'insieme delle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado. 

Un rapporto che traduce l'esigenza di monitorare la capacità delle scuole di accogliere studenti disabili, il cui numero è in costante crescita negli ultimi anni: nell'anno scolastico 2004/2005 rappresentavano meno del 2% di tutti gli alunni, ma «il dato è progressivamente cresciuto anche grazie ad una maggiore attenzione al tema e alla migliore capacità di diagnosi», come si legge nel rapporto. E se alla fine degli anni 2000 gli studenti con una disabilità certificata rappresentavano il 2,16% degli alunni, nel 2021 il totale di ragazzi e ragazze che frequetano le scuole italiane è aumentato fino a rappresentare il 3,62% del totale.

«La capacità del sistema educativo di essere all'altezza della sfida dipende da tanti fattori - prosegue il rapporto Open Polis e #Conibambini - In primo luogo richiede un cambio nel paradigma culturale, abbandonando l'approccio esclusivamente clinico che spesso è prevalso su questo tema. La persona con disabilità, tanto più se di minore età, non va ridotta alla dimensione di utente di servizi sociali o sanitari speciali. È una persona con diritti da garantire, le cui potenzialità devono trovare un contesto educativo adeguato per svilupparsi, esattamente come per tutti gli altri studenti. In concreto, ciò significa costruire ambienti scolastici pienamente inclusivi. A partire dalla presenza di figure di supporto, come insegnanti di sostegno e assistenti all'autonomia.

Ma la questione va ricondotta anche alla qualità dell'edilizia scolastica. Non solo nel superamento delle barriere architettoniche, secondo quanto previsto dalla normativa. Ma nella progressiva adozione di soluzioni basate sul cosiddetto design universale. Significa adottare, nella progettazione degli spazi quanto degli oggetti e dei servizi, quella filosofia che ne promuove l'usabilità immediata per tutti, senza distinzioni. Si tratta di un rovesciamento del vecchio paradigma , che considerava "normalità" la progettazione per le persone senza disabilità e il successivo riadattamento in una versione fruibile anche da coloro che hanno un handicap. Questo approccio permea le linee guida stilate per la costruzione delle nuove scuole, nell'ambito dell'investimento previsto dal Pnrr».