Quel giorno, a Betlemme avvenne qualcosa di straordinario, che avrebbe cambiato la storia e la vita di milioni di donne e uomini: nasceva Gesù, Figlio di Dio. Non in una fortezza, neppure in una reggia, ma in un luogo di fortuna, perché non ci fu posto per lui nelle case degli uomini. I Vangeli descrivono un accorrere di angeli e di gente che fu svegliata nella notte, come i pastori o come i Magi, che venivano da Oriente. Gli uni si stavano occupando del loro gregge, gli altri se ne stavano tranquilli nella loro ricchezza. Ma qualcosa – una stella – diceva loro che né la ricchezza, né la loro sapienza bastavano più.
Dovevano cercare, mettersi in cammino, seguire quella luce che li avrebbe fatti camminare, uscire dal loro mondo, dalle loro inerzie e abitudini tranquille. Cari amici, siamo in un tempo difficile. Siamo spesso in ansia, pieni di paure, a volte rassegnati alla fatica dei tempi, alla guerra che distrugge (è l'unica cosa che fa la guerra, che non è mai via alla pace!), schiacciati da un presente faticoso o doloroso. Penso a tanti anziani soli, nel loro appartamento o in casa di riposo, perfino a Natale. Penso anche a tanti ragazzi e giovani non ascoltati, spesso disorientati. Penso ai profughi che fuggono da guerre e miseria, da quelle conseguenze dei cambiamenti climatici, di cui i maggiori responsabili sono i Paesi ricchi, maestri nel non prendersi le proprie responsabilità.
Così, ad esempio, la Cop 27 non ha deciso che pochi buoni intenti! E la Valle del Sacco continua ad essere quella che è! Per questo il Natale vorrebbe risvegliarci, farci alzare, uscire, camminare. Gesù vorrebbe che noi condividessimo con lui la fragilità, la pochezza, il bisogno di cura. Lui è venuto per prendersi cura di noi e per aiutarci a prenderci cura di lui, piccolo, indifeso; la sua nascita, in una mangiatoia, è come una scuola di amore, che ci insegna ad interessarci gli uni degli altri, a cominciare da chi soffre. Chi non ha bisogno di cura? Chi non ha bisogno di tenerezza e di amore?
Ricordiamoci, però, che solo prendendoci cura degli altri inizieremo a guarire da quell'egoismo che ci fa chiudere, rassegnare, intristire, lamentare. Sulla grotta di Betlemme gli angeli cantarono quel canto che risuona nelle nostre chiese dopo l'inizio della Santa Messa: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace sulla terra agli uomini, amati dal Signore». Pensate: la gloria di Dio si realizza nella pace sulla terra, tra noi umani. Quanto bisogno c'è di pace, a partire dall'Ucraina, fino ai tanti Paesi segnati da guerre dimenticate e interminabili, come in Siria, in Yemen, nel Tigrai, regione ribelle dell'Etiopia, nel Nord Kivu (nella Repubblica Democratica del Congo) o nel Nord del Mozambico. A volte ci siamo abituati alla pace, dandola per scontata, senza impegnarci a mantenerla e a costruirla ogni giorno nelle nostre relazioni, nei luoghi dove viviamo, nelle nostre famiglie. E così la pace ha lasciato spesso spazio al litigio, alla violenza, alla divisione.
Mi auguro e vi auguro che questo Natale sia di pace tra noi e nel mondo. Affidiamo nella preghiera al Signore i Paesi in guerra, soprattutto l'Ucraina, perché ci sia pace. Vorrei infine ringraziare tutti coloro che in queste settimane hanno raccolto cibo ed altri aiuti per chi ha bisogno. La vostra solidarietà è un segno di speranza per questa nostra bella terra, popolata di donne e uomini, che sanno prendersi cura degli altri con generosità. Buon Natale a tutti, soprattutto a chi è più solo ed escluso. Gesù vi dia pace e noi uniamoci a lui, seguendo la luce della stella, luce di vita, di speranza e di futuro. Non accettiamo mai il male né la violenza di parole (come quella, intollerabile, sui social) e di gesti, ma vinciamo sempre il male con il bene e con la tenerezza dell'amore. Vieni presto, Signore Gesù!