L'Eurocargo precipitato dal ponte Morandi con 900 chili di droga e che ha fatto il giro d'Italia, arrivando a Frosinone è sempre più un giallo. E non solo per il colore del mezzo. Ora, dopo che la notizia, finita in un'ordinanza di custodia cautelare per un'inchiesta sulla 'ndrangheta, è rimbalzata su tutti gli organi d'informazione, tutti cercano il furgone.
La vicenda nasce da un'intercettazione ambientale dove il boss Francesco Benito Palaia pianifica un progetto per recuperare il carico di hashish precipitato con il mezzo nel crollo del ponte Morandi il 14 agosto 2018 e svela che il veicolo, prima confinato in un deposito di Genova Bolzaneto era finito a Latina e poi a Frosinone. Proprio a Frosinone la 'ndrangheta avrebbe voluto mettere le mani sul carico.

Inutile dire che a Frosinone sono subito partiti degli accertamenti per capire se la storia abbia un fondamento. La prima domanda è se il boss abbia detto il vero. Dopodiché si tratta di individuare il mezzo. E qui emergono le prime incongruenze, tra i mezzi precipitati in effetti un furgone c'è - e alcune immagini di quei giorni, ora ridiffuse, lo dimostrano - è bianco. E poi l'autista, un romeno, sarebbe deceduto due giorni dopo e la famiglia è stata risarcita. Solo che Francesco Benito Palaia nell'intercettazione parlava di un furgone giallo e di un autista che si sarebbe salvato.

Altra questione sul tavolo è lo stato in cui si sarebbe trovato il furgone dopo il salto nel vuoto. Tanto che, nell'intercettazione, si faceva riferimento a una ditta dei Castelli Romani che «ha un carrellone con la buca» alla quale affidare il recupero. Solo che il mezzo è così deformato che c'è il rischio di perdere il carico durante il tragitto. «Se si aprono le pareti durante il trasporto ti sei giocato tutto e ti fai arrestare», si dice ancora nell'intercettazione. Da qui la necessità di bloccare la cella frigo con «le fasce a cricchetto» e di sostituirle ogni 200-250 chilometri.

Infine, la domanda più importante: ma il recupero è andato in porto? Su questo al momento ci sono accertamenti. Anche perché, data l'importanza dell'inchiesta condotta a Reggio Calabria, gli investigatori non potevano certo scoprire le carte e far recuperare la droga, facendo così capire agli interessati di essere intercettati. Tuttavia, scriveva ieri la Repubblica, una segnalazione ai carabinieri di Latina sarebbe giunta dai colleghi calabresi.