Accusati di aver preso parte a una serie di furti in danno dello stabilimento Fca di Piedimonte San Germano grazie alla presenza di una "talpa" oggi compariranno davanti al gip. Per raccontare la loro verità. Il Gruppo della Guardia di Finanza di Cassino, dopo un'indagine aperta in pieno lockdown per spaccio, allarga il raggio d'azione. E sotto la lente delle Fiamme gialle finiscono quattro persone di età compresa tra i 30 e i 50 anni, residenti tra Cassino, Cervaro, Castrocielo e la Campania.
Per tutti l'accusa è di ricettazione, per uno anche di furto e spaccio. Le misure, infatti, sono differenti: a finire in carcere G.A., quarantenne di Castrocielo; ai domiciliari R.F., trentacinquenne di Cervaro. Misure meno afflittive per altre due persone: obbligo di firma per un cinquantenne di Cassino (il dipendente ritenuto dagli inquirenti "infedele") e divieto di dimora per un quarantenne di Castel Volturno. Gli indagati, coinvolti nella grossa inchiesta, molti di più. Oggi, assistiti dai loro legali - gli avvocati Sandro e Vittorio Salera, Giannichedda, Coletta e Di Giuseppe - dovranno scegliere se raccontare le loro verità o preferire la strada del silenzio.
Intanto, a margine della chiusura della grossa operazione coordinata dal colonnello Papale, emergono dettagli interessanti. A "incastrare" gli indagati sarebbero state alcune intercettazioni telefoniche. Il troncone principale dell'inchiesta, lo ricordiamo, nasce per stroncare un vasto giro di stupefacenti nel Cassinate. Approfondendo le attività, soprattutto grazie alle intercettazioni telefoniche, le Fiamme gialle delineano invece due gruppi distinti: uno dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti e uno accusato invece della commissione di furti di componenti all'interno del sito di Piedimonte con il coinvolgimento del dipendente ritenuto dagli inquirenti "infedele". Pezzi costosi, rivenduti «a compiacenti ricettatori della vicina Campania» come sottolineato dal Comando provinciale.
Nel dettaglio il filone principale, quello della droga, permette di individuare alcune persone che - nonostante le stringenti restrizioni legate al Covid - avrebbero ideato un autentico servizio di "delivery dello spaccio", con vere consegne a domicilio della sostanza. E dalle intercettazioni non è difficile non intuire come era stata strutturata l'organizzazione: dosi lasciate in posti stabiliti, magari a degli incroci o in zone isolate ma in punti precisi.
Accanto a questo, sempre da intercettazioni telefoniche e ambientali, emergerebbe la seconda attività: con termini calcistici, parlando di acquistare giocatori o piazzare squadre alcuni dei coinvolti avrebbero - sempre secondo la procura - inteso ben altro. Avrebbero per gli inquirenti parlato dei catalizzatori destinati a Giulia e Stelvio che, una volta immessi sul mercato nero (per composizione e costi) avrebbero fruttato una bella cifra. Ma non sempre i colpi sarebbero riusciti: in un caso, dopo essere riusciti a entrare nello stabilimento attraverso la rete ferroviaria, avrebbero desistito per l'arrivo di un vigilantes. Le verifiche su depositi e persone coinvolte sono ancora in corso.