Realtà virtuale (VR), realtà aumentata (AR) e metaverso. Concetti intorno ai quali c'è una sempre crescente curiosità, lato utente, e un interesse sempre più concreto da parte delle Big Tech, che sull'Internet del futuro scommettono e investono miliardi di dollari. Lo sviluppo di hardware e software, infatti, sta portando rapidamente a un uso della tecnologia sempre più esperienziale.
Sebbene non si tratti di strumenti appena nati, è con l'avanzamento tecnologico degli ultimi anni, soprattutto nell'ottica di sviluppo del metaverso, che i concetti di realtà virtuale e realtà aumentata si stanno diffondendo sempre di più. Anche se molti, proprio perché si tratta di tecnologie non ancora entrate nell'uso quotidiano, tendono a confondere o a sovrapporre le due espressioni.

Si tratta, però, di tecnologie diverse sia per quanto riguarda l'esperienza utente sia relativamente agli strumenti utilizzati.
Una sostanziale differenza sta nel fatto che la realtà virtuale "annulla" completamente l'ambiente circostante, creando o ricostruendo un mondo simulato, completamente digitale, mentre la realtà aumentata integra l'ambiente reale con elementi digitali, che si sovrappongono, quindi, allo spazio fisico senza oscurarlo del tutto. E se è vero che i potenziali utenti del metaverso hanno ancora poca dimestichezza con "il prossimo capitolo di Internet", per citare Mark Zuckerberg, è vero anche che si sta andando verso quella che sembra rappresenterà la nuova quotidianità digitale.

Per fornire una panoramica del presente e del futuro di questo "nuovo mondo" abbiamo intervistato Matteo Sirizzotti, ingegnere informatico frusinate, assegnista di ricerca all'Università di Siena ed esperto di simulazione in realtà virtuale.

Quali sono le applicazioni, già effettive e possibili, della realtà virtuale?
«Questo tipo di tecnologia, sia che parliamo di realtà virtuale sia di realtà aumentata, può avere molti sbocchi. Ho un'attività a Frosinone, che si chiama Revera, nell'ambito della quale mi occupo dell'applicazione della realtà virtuale nell'ambito del cultural heritage. Un possibile uso, quindi, è nel settore turistico e della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale.
In questo momento, ad esempio, siamo in Arabia Saudita per ricostruire un sito archeologico e stiamo realizzando una simulazione che poi sarà utilizzata sia per scopi di studio, conservazione, valutazione e validazione di modelli archeologici sia per scopi di marketing e comunicazione.

La realtà virtuale, poi, può essere utilizzata per il training. Ho un'altra attività, a Siena, incentrata sulla simulazione in realtà virtuale per l'addestramento in ambienti pericolosi. Ci rivolgiamo alle aziende che devono formare i propri dipendenti o ad aziende che erogano servizi di formazione e creiamo simulazioni ad hoc per persone che operano in settori specifici, per esempio operai che devono lavorare in quota. Un altro sbocco è indubbiamente in campo medico, esistono già simulatori per interventi chirurgici o per utilizzare e testare in realtà virtuale macchinari molto costosi. Io sto lavorando come assegnista per il dipartimento di medicina dell'Università di Siena, dove stiamo realizzando una simulazione per un laboratorio che si occupa di fecondazione assistita, quindi per il training degli operatori che dovranno utilizzare un macchinario, che, oltre a essere costoso, non ha un accesso semplice».

Parliamo di metaverso…
«In tema di metaverso dopo il lancio della piattaforma di Zuckerberg, le cose sono decollate, quindi tutti si aspettano risvolti nel proprio settore sia per quanto riguarda la realtà virtuale sia aumentata. Quest'ultima è ancora un po' più indietro al momento dal punto di vista degli hardware per la fruizione mentre la realtà virtuale ha già fatto molti passi avanti».

Possiamo dire che il metaverso sarà l'internet del futuro?
«Probabilmente sì. Quando si parla di metaverso parliamo soprattutto di realtà virtuale, che sicuramente avrà un risvolto nel quotidiano di tutti, almeno è quello che ci aspettiamo e una scommessa che abbiamo fatto. Basti guardare gli investimenti che fanno i grandi stakeholder di Big Tech, come Facebook, che non a caso ha cambiato nome in Meta, Amazon, Htg. Sono tutti colossi che stanno investendo ingenti risorse per progetti legati alla realtà virtuale, sia nell'hardware sia nel software. È indicativa, poi, anche la curva dei prezzi delle tecnologie, che negli ultimi tre anni sono drasticamente scesi».

Quanto tempo servirà?
«Di fatto è già una cosa accessibile, i visori e le tecnologie già esistono. Sarà uno strumento ampiamente usato, dalla didattica alle applicazioni di cui parlavamo prima. Mi aspetto uno sviluppo in un futuro non troppo lontano».

C'è più diffidenza o curiosità nei confronti di queste tecnologie?
«Diffidenza no, da quello che ho potuto riscontrare c'è un grande effetto di stupore quando si fanno provare queste tecnologie. Tuttavia c'è poca conoscenza, le persone ancora confondono concetti e non sono abbastanza informate. Tante persone non hanno mai provato un visore o fanno confusione tra realtà virtuale e realtà aumentata, quindi ci sarà sicuramente bisogno di maggiore informazione su questi temi perché possa entrare nel quotidiano».